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Seduta del 4/5/2010


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Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (atto n. 196).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (atto n. 196).
Do la parola al dottor Mastroianni per lo svolgimento della relazione.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Introduco l'argomento relativamente al federalismo demaniale, con riferimento agli aspetti che abbiamo tenuto in considerazione nella predisposizione della relazione tecnica in merito ai beni oggetto del decreto legislativo. Dopodiché, siamo disponibili per le eventuali domande che dovessero essere poste da parte vostra.
Per quanto riguarda il decreto legislativo, svolgo una brevissima premessa per riferire in quale maniera abbiamo costruito le valutazioni nella relazione tecnica. Il decreto legislativo fa riferimento al trasferimento di tipologie di beni e, quindi, individua alcune tipologie di beni potenzialmente trasferibili agli enti territoriali.
Tali tipologie comprendono i beni immobili patrimoniali, tutti quelli del demanio marittimo e relative pertinenze, tutti quelli del demanio idrico di interesse regionale, interregionale, provinciale o comunale e relative pertinenze, comprese le opere idrauliche e di bonifica già di competenza statale, tutti gli aeroporti di interesse regionale e locale e loro pertinenze, tutte le miniere e relative pertinenze ubicate su terraferma, tutti gli altri beni di proprietà statale.
Relativamente a questi ultimi beni, afferenti alla tipologia residuale di proprietà statale, il decreto individua alcune eccezioni, fra cui tutti gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici e alle agenzie, di cui al decreto n. 300 del 1999; gli aeroporti e i porti di rilevanza nazionale e internazionale; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla vigente normativa e dagli accordi di valorizzazione da stipulare tra enti territoriali e Ministero per i beni e le attività culturali; i beni oggetto di accordi o intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (rientrano fra questi gli accordi cui faceva riferimento


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il direttore dell'Agenzia del demanio, il dottor Prato, ossia quelli siglati con il comune di Trieste per quanto riguarda alcuni beni presenti sul territorio); le reti di interesse statale, comprese quelle energetiche; le strade ferrate in uso; i beni in uso al Ministero della difesa, compresi quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, quelli oggetto delle procedure di cui all'articolo 14-bis del decreto legge n. 112, nonché quelli funzionali alla realizzazione dei programmi di organizzazione dello strumento militare; i beni costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica. Quelli elencati sono, dunque, beni che fanno parte delle proprietà dello Stato, ma sono comunque sottratti al trasferimento.
Per quanto riguarda la quantizzazione dei beni potenzialmente oggetto di trasferimento, sulla base dei valori che abbiamo preso in considerazione al 31 dicembre 2008 - è un dato di consuntivo, così come emerge dal conto generale del patrimonio dello Stato - essi sono valorizzati, per quanto riguarda il patrimonio disponibile, in circa 3 miliardi di euro (2,975 miliardi), per il patrimonio indisponibile in 25,302 miliardi di euro, per il demanio storico-artistico in 15,676 miliardi, per un valore complessivo di 43,953 miliardi, quindi di circa 44 miliardi di euro.
Questo valore, in realtà, è simile a quello individuato al 31 dicembre 2009, che ammonta complessivamente - riferisco solo la cifra finale - a 46,823 miliardi di euro. I valori al 31 dicembre 2009 devono essere, però, ulteriormente verificati, ragion per cui abbiamo fatto riferimento al dato certo e ufficiale relativo al conto generale del patrimonio al 31 dicembre 2008.
Tale valore complessivo è riferito a tutti i beni immobili che si trovano sul territorio delle regioni a statuto ordinario e tiene conto anche di alcuni beni del patrimonio dello Stato all'estero.
Questo è il valore complessivo di tutti i beni potenzialmente trasferibili, ossia di quelli del patrimonio disponibile, che ammontano a circa 2,975 miliardi. Il patrimonio indisponibile non è invece trasferibile, mentre il demanio storico-artistico può essere trasferito, ma con le eccezioni previste nell'ambito del decreto legislativo. I beni appartenenti al patrimonio culturale sono esclusi, salvo ove disposizioni specifiche prevedono che possano essere trasferiti; oppure ci sono alcuni beni, sempre del demanio culturale, che, in base ad accordi tra il Ministero per i beni e le attività culturali e le regioni, possono essere individuati come oggetto di trasferimento. I beni demaniali sono, dunque, potenzialmente trasferibili alle condizioni illustrate.
Sulla base di questi valori, la relazione tecnica ha individuato i rendimenti dei beni per quanto riguarda i beni immobili patrimoniali. Il rendimento esposto nella relazione tecnica, che compone la famosa cifra dei 189 milioni di euro, è di 40 milioni e si riferisce alla previsione di entrata in termini di competenza per il 2010 in relazione ai beni immobili patrimoniali disponibili e indisponibili. Ciò significa che tali 40 milioni sono costituiti anche, ma per importi piccolissimi, di rendite, tra cui fitti di locali dati in uso a terzi, ma facenti parte di immobili patrimoniali indisponibili e, quindi, non trasferibili. Si tratta, però, piccoli importi.
Vi sono comprese inoltre l'utilizzazione di acque pubbliche, la regolarizzazione di occupazione del demanio marittimo e la grossa cifra dei canoni demaniali, incluso il demanio marittimo, stimate in 140 milioni di euro. L'importo complessivo è di 189 milioni e il calcolo è effettuato, ripeto, sulla base delle previsioni per il 2010.
Per dare contezza dell'attendibilità di tale importo - trattandosi di una previsione, è stato, ovviamente, stimato - abbiamo preso a raffronto anche gli incassi di competenza relativi all'anno 2009. Tali cifre, però, non essendo stato ancora definito ufficialmente il consuntivo del 2009, possono essere soggette a piccole modifiche. L'importo, comunque, è pari a 188,053 milioni di euro, a conferma che la stima dei 189 milioni di euro è piuttosto attendibile.
Relativamente ai 189 milioni di euro, sono escluse le royalty che fanno riferimento


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alle miniere, perché queste ultime sono previste come beni potenzialmente trasferibili esclusivamente per quelle ubicate su terraferma. Per le altre non è previsto il trasferimento. Tali royalty non sono quindi state considerate nell'ambito dei 189 milioni di euro.
Un altro aspetto che credo possa essere utile precisare è che i beni patrimoniali potenzialmente trasferibili rappresentano un elemento non importante, nemmeno ai fini della valutazione del rendimento che eventualmente viene meno per quanto riguarda le entrate da considerare poi come compensazione con gli enti territoriali. L'importo più grande, infatti, anche dal punto di vista della quantità e del valore, è quello relativo ai beni demaniali. Tali beni, però, non sono valorizzati e, quindi, non figurano nella cifra dei 44 miliardi circa di euro che abbiamo contabilizzato, perché iscritti nel conto generale del patrimonio a valore zero.
Relativamente ai beni del demanio marittimo, bisogna sottolineare che essi sono già amministrativamente gestiti dagli enti territoriali, in particolare dalle regioni e, in alcuni casi, per delega agli enti locali. I relativi canoni sono, però, versati in conto entrate del bilancio dello Stato e, quindi, sono stati quantificati nella relazione tecnica per gli importi.
I beni del demanio idrico di interesse interregionale, regionale e provinciale sono gestiti amministrativamente dalle regioni, ma i loro rendimenti sono già acquisiti direttamente dalle regioni stesse. Questo è un aspetto che volevamo sottolineare.
Mi fermerei qui. Se avete altre domande da porre, sono a vostra disposizione.
Vorrei soltanto chiarire un aspetto, dal momento che è stato oggetto di un intervento precedente. Per quanto riguarda la differenza di importo che ho letto nell'audizione del direttore generale dell'Agenzia del demanio, a proposito dei circa 3,2-3,3 miliardi rispetto ai quali noi ci siamo rapportati, per il patrimonio disponibile, a 2,9, rilevo che la differenza, almeno eseguendo i conteggi in base ai dati a nostra disposizione, è dovuta al fatto che probabilmente i 3,2 miliardi - a noi risulta esattamente questa cifra - si riferiscono alla tipologia dei beni immobili del territorio nazionale, compresi quelli all'estero e nelle regioni a statuto speciale. Dal momento che questi ultimi non rientrano nell'ambito applicativo dei beni potenzialmente trasferibili, epurando l'importo relativo a tali immobili, a noi viene fuori la cifra di 2,9-3 invece che di 3,2. È solamente questa la differenza, dopodiché le cifre sono piuttosto allineate.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
Vi invito a mantenere i tempi più stretti possibili. Auspico domande secche e risposte secche, in maniera tale che possiamo svolgere più lavoro possibile.

LINDA LANZILLOTTA. Mi scuso per non aver ascoltato l'inizio. Pongo alcuni quesiti proprio per capire, perché la materia del demanio e del patrimonio non è mai stata molto considerata nella contabilità pubblica, in cui ha rappresentato sempre un'appendice.
Intanto mi piacerebbe capire meglio dal dottor Grisolia, e dal dottor Mastroianni, che si occupa della parte del patrimonio, qual è il rapporto, nella contabilità di Stato, tra il conto del patrimonio e il bilancio finanziario e, quindi, qual è e se esiste una connessione anche tra patrimonio e debito. Vorrei sapere, come nella contabilità si realizza questa relazione, a livello sia di bilancio dello Stato, sia dei bilanci regionali e locali.
Passo alla seconda domanda. Si è parlato di beni classificati secondo le tipologie di demanio, patrimonio disponibile e patrimonio indisponibile. Tali classificazioni possono essere modificate: quali sono le procedure giuridiche, le competenze e i vincoli per trasferire un bene da una categoria all'altra? Quello che oggi è demanio può essere trasferito anche a patrimonio disponibile e, quindi, modificare la sua finalizzazione, nonché il suo valore.
Vengo al terzo punto. Come sono valutati i valori di libro del demanio e del


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patrimonio, con un tasso teorico di rendimento? Come viene valutato, cioè, il valore economico di un bene demaniale o anche di uno del demanio storico-artistico? Qual è il suo valore economico e come viene iscritto nel conto del patrimonio?
La quarta domanda è la seguente: come viene contabilizzato il valore delle concessioni? Trasferiamo un bene che oggi vale, per esempio, uno. Esso, però, pur restando nell'ambito del demanio, può essere dato in concessione, con una concessione onerosa, che ha un valore che si capitalizza poi nel conto del patrimonio. Come viene determinato il valore potenziale della concessione? È chiaro, infatti, che varia molto.
Porto un esempio: la Casina Valadier a Roma ha avuto alcune vicende giuridiche ed è stata passata da demanio a patrimonio indisponibile. Oggi è oggetto di concessione e il bene, che prima era abbandonato, ora dà un rendimento, che poi viene capitalizzato anche attraverso lavori di restauro.
Inoltre, lei si riferiva, per esempio, a parti di demanio che sono già in gestione a enti locali, come pezzi del patrimonio marittimo. Vorrei sapere se avete una rilevazione statistica della valorizzazione che gli enti locali fanno dei beni del demanio dello Stato, quindi esempi di rendimento effettivo di un bene che lo Stato non valorizza.
A proposito di demanio marittimo, infine, in relazione al regime delle coste, voi pensate che possa essere frazionato o che non debba avere un regime unitario, per le sue caratteristiche sia di confine esterno, sia di protezione ambientale e, quindi, non debba essere soggetto alla legislazione di singole regioni?

WALTER VITALI. È inutile nascondere che quello in oggetto è un tema di grande rilevanza, che sta suscitando anche una giusta attenzione da parte dell'opinione pubblica.
Credo sia molto importante che i dati forniti vengano rapportati all'insieme del valore del patrimonio pubblico italiano, perché il rischio è sempre quello o di fare troppo o troppo poco. Chi teme che si faccia troppo paventa il venir meno di un cespite importante, a fronte della garanzia del debito dello Stato. Chi teme, invece, che si faccia troppo poco, osserva, per esempio, che vengono esclusi dal trasferimento gli immobili più pregiati, come quelli delle grandi città, che sono già oggetto di accordi di valorizzazione con le amministrazioni del demanio, ex beni militari. I beni di maggior rilievo, infatti, sono proprio quelli militari.
È evidente che il problema che stiamo esaminando non può essere affrontato esclusivamente dal lato del trasferimento finalizzato alla dismissione. Sarebbe un errore molto grave. Il gruppo del Partito democratico - il nostro relatore, l'onorevole Causi, esprimerà poi il nostro pensiero - ha già formulato questa osservazione come fondamentale. Riteniamo, infatti, che nello schema di decreto legislativo, così come è stato finora formulato, vi sia questo indirizzo, mentre è molto importante che il patrimonio che viene trasferito a regioni ed enti locali venga anche giustamente e adeguatamente conservato e, dunque, valorizzato, non dal punto di vista della dismissione, ma da quello funzionale.
Questa è la premessa. Arrivo alla domanda. Non ripeto quelle poste dall'onorevole Lanzillotta, che mi convincono molto. In modo particolare, vorrei aggiungere anche un'altra questione.
A me risulta che ci sia una differenza, a proposito di classificazione, tra le categorie di classificazione del patrimonio italiano e quelle degli altri Paesi dell'Unione europea. Se questo è vero, vi chiedo, nel caso, come occorrerebbe procedere per armonizzare le categorie di valutazione.
Vengo ora a due domande secche, presidente. Da quando mi occupo di questi temi - ero piuttosto giovane, amministratore locale già all'inizio degli anni Novanta - si parla di diverse forme di valorizzazione del patrimonio pubblico. Siamo poi arrivati alle cartolarizzazioni e, successivamente, agli accordi di dismissione. Non sarebbe possibile avere un quadro di


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quello che finora è stato compiuto e come in quest'ambito? Sarebbe utile per capire anche come si colloca questo provvedimento nel quadro delle politiche italiane per la valorizzazione del nostro patrimonio.
Del resto, il fatto che comunque esista un patrimonio che può essere eventualmente dismesso per ridurre il debito o compiere investimenti è sicuramente un fatto importante e, a mio avviso, molto rilevante.
Capisco che la Ragioneria generale dello Stato non sia il soggetto più idoneo a cui porre quest'ultima domanda, però vorrei conoscere il vostro parere tecnico. Non vi sembra che con questo federalismo demaniale à la carte si alimenti una corsa all'oro che farà sì, alla fine di tutto il procedimento, che i «catorci», se tali sono, restino a carico dello Stato, mentre ci sarà una zuffa per accaparrarsi i gioielli, se ne esistono, da parte di regioni, province e comuni, senza alcun criterio per poter stabilire in modo obiettivo a chi devono andare? Ergo: non sarebbe meglio modificare tale meccanismo?

ROLANDO NANNICINI. Al dottor Prato posi una domanda relativamente agli oneri passivi che lo Stato ha nei confronti degli affitti. Il dottor Prato ci ha mandato una nota in cui riferisce che gli immobili sono 7.000, per un onere annuo di 700 milioni di euro e che, a seguito degli adempimenti prescritti dall'articolo 2, comma 222, della finanziaria 2010, sarà possibile essere più precisi.
Parto da questo dato per sottolineare che nel nostro Paese non diamo mai alcune riflessioni di partenza sul punto in cui siamo. Il fatto che uno Stato che ha una redditività di 188 milioni ne spenda 700 è grave, perché è un onere finanziario passivo. Con 700 milioni di affitti sappiamo tutti quello che possiamo fare per il bene comune dei cittadini italiani. Questo è il primo dato: con un grande patrimonio statale, che è superiore ai 7.000 immobili in affitto, i 7.000 immobili ci costano 700 milioni l'anno. Per i beni dello Stato vige ancora l'incertezza, ma si parla di 189 milioni di entrate da canoni e da altri elementi.
Questo è un richiamo a tutti noi. Non scarico su nessuno questa riflessione, ma si tratta di un onere a carico alla Repubblica italiana, di cui dobbiamo prendere atto, perché, prima di procedere a trasferire ad altri i beni dello Stato, quest'ultimo deve risparmiare sui 700 milioni di oneri passivi.
Passo alla seconda riflessione. Nella finanziaria per il 2010, se ben ricordo, è prevista l'alienazione da parte dell'Agenzia del demanio di immobili per circa 400 milioni di maggiori entrate nel bilancio dello Stato del 2010. Sarebbe opportuno bloccare tali dismissioni. È già in corso una riflessione di questo tipo? Da parlamentare, non voglio vivere nell'incertezza. La domanda, pertanto, è secca: ci sono 400 milioni di entrate nella finanziaria 2010 per quanto riguarda la vendita del patrimonio disponibile dello Stato?
Queste due domande possono far pensare a un amministratore e a un legislatore contrario? No, credo che sia indispensabile ridistribuire il demanio all'interno della Repubblica italiana. È uno dei temi centrali: proprietà e gestione sono elementi fondamentali per la funzionalità e il rapporto con i cittadini. Occorre, però, stare attenti, perché, se conserviamo tutte le strutture dello Stato, anche senza demanio, come la struttura dell'Agenzia del demanio - posso pensare che alcune regioni siano interessate, altre regioni non lo siano - non so che cosa succederà del patrimonio. Un'unitarietà è, dunque, necessaria.
Ci consigliate sicuramente anche voi di vedere il demanio in termini unitari di competenze e proprietà. Fare «la tigre con la pelle del leopardo» desta molte preoccupazioni nei confronti di una Repubblica che deve affrontare con rigore il problema del demanio e delle sue proprietà.

PAOLO FRANCO. Svolgo una breve considerazione in premessa: non vorrei che venisse messo in discussione l'articolo 19 della legge delega sul federalismo fiscale,


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in cui è specificatamente previsto che venga attribuito agli enti locali un proprio patrimonio, per le motivazioni e secondo gli strumenti ivi indicati.
La mia domanda sarà brevissima. Vorrei che venisse chiarito in termini assoluti il valore complessivo dei beni trasferibili, indipendentemente dalle caratteristiche che assumono, sapendo che c'è un «più x», ovviamente, perché, come ci è stato confermato, i beni demaniali non sono valorizzati e non hanno un valore in conto capitale. Vorrei conoscere il valore esatto dei trasferimenti, indipendentemente dal tipo, più questo valore «x», e avere la conferma, che mi pare sia già stata data, ma che vorrei in maniera ancora più chiara, del rendimento di tali beni.
Mi sembra di aver capito che, mentre in conto capitale - chiamiamolo così - non abbiamo una valorizzazione completa, ma solo parziale, perché i beni demaniali non hanno una valorizzazione, in termini di rendimento, invece, tale valorizzazione esiste. Vorrei capire in maniera certa il valore «più x» dei beni in conto capitale e quello comprensivo del rendimento di questi «x» nel rendimento del complesso dei beni trasferibili.

LUIGI COMPAGNA. Fermo restando l'articolo 19 della legge n. 42, in tema di tipologie dei beni - forse è una delle domande già comprese tra i quesiti posti dall'onorevole Lanzillotta - vi è una procedura dei tempi di passaggio da una tipologia all'altra? Per esempio, come si passa nell'ambito del demanio storico-artistico, quello che ammonterebbe a 15 miliardi di euro, da demanio a patrimonio disponibile? Ho l'impressione che questo sia un aspetto sia di consistenza, sia di tempi, sia di procedura, che avrebbe un rilievo nella formulazione del provvedimento di decreto legislativo. Credo che tale domanda le sia già stata posta, ma mi permetto di aggiungermi anch'io ai richiedenti.

GIUSEPPE SARO. Anch'io mi associo alla domanda formulata dall'onorevole Lanzillotta relativa al rapporto tra i trasferimenti di questi beni demaniali e il debito pubblico. Voglio capire una volta per tutte, viste le polemiche giornalistiche e tutto ciò che ne è scaturito in quest'ultimo periodo, se corrisponde al vero che parte del nostro patrimonio demaniale sarebbe a garanzia del debito pubblico. Credo, infatti, che su questi aspetti vada fatta assoluta chiarezza, anche per non continuare in una polemica che rischia di essere non positiva.
In secondo luogo, vengo da una regione - la citava prima il dottor Mastroianni - il Friuli Venezia Giulia, che si è già vista trasferire questi beni in larga parte, trattandosi di una regione a statuto speciale, in cui si opera tramite una commissione mista Stato-regione e con decreti di attuazione. Su come è andata l'operazione ci sono giudizi evidentemente alterni.
L'aspetto che mi preoccupa è soprattutto all'articolo 5, comma 3, su cui vorrei chiedere un'opinione. Trovo scritto che «le amministrazioni statali e altri enti di cui al comma 2 comunicano in modo adeguatamente motivato all'Agenzia del demanio, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, gli elenchi dei beni di cui richiedono l'esclusione dal trasferimento». Anche per la piccola esperienza che ho maturato nella gestione - sono stato presidente della Commissione paritetica Stato-regione del Friuli-Venezia Giulia - ho sempre visto da parte degli apparati dello Stato un tentativo di resistenza fortissima per mantenere in capo allo Stato tutti i beni possibili, appellandosi alle motivazioni più particolari e talvolta anche senza un'adeguata giustificazione.
Credo che su questo aspetto debbano essere ben chiariti i criteri e definito un atteggiamento omogeneo relativo a tutte le regioni d'Italia in rapporto con lo Stato centrale. Non vorrei, infatti, che scattasse una dinamica nella quale le amministrazioni centrali cerchino, in larga parte delle regioni, di trattenere beni che potrebbero essere, invece, trasferiti a livello regionale.
Per esempio vorrei chiedervi un'opinione su questo comma 3, se si debbano trovare meccanismi di coinvolgimento non


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solo degli apparati pubblici, amministrazione dello Stato e Agenzia del demanio, ma anche una concertazione politica e istituzionale tra Stato e regione, in modo tale che non siano le burocrazie a determinare che cosa veramente poi si trasferirà.

MARCO CAUSI. La mia prima domanda, a questo punto, è tesa a capire qual è il quadro dei beni già trasferiti alle regioni a statuto speciale. Lei ha affermato che la differenza fra il dato del dottor Prato e quello della Ragioneria è che voi non comprendete i beni statali nei territori delle regioni a statuto speciale.
Le chiedo se ci traccia il quadro per quanto riguarda i beni compresi in questo decreto, quindi demanio marittimo, idrico e via elencando, e dello stato dei trasferimenti alle regioni a statuto speciale, per capire se c'è qualcosa che, paradossalmente, trasferiamo alle ordinarie e rischiamo, invece, di non trasferire alle speciali.
Vengo alla seconda domanda. Vorrei sapere se può ricordare a questa Commissione le attuali norme vigenti per la valorizzazione concertata tra Stato ed enti locali di immobili statali. Lei, per esempio, ha ricordato il protocollo col comune di Trieste: all'interno di tale protocollo, quando si valorizzeranno quegli immobili, qual è la regola vigente? L'85 per cento va allo Stato e il 15 per cento al comune? Le chiedo se ci può fare il punto delle attuali regole.
Come terza domanda, le chiedo se può ricordare alla Commissione quali sono le attuali regole in merito all'impatto delle vendite, delle alienazioni, sul Patto di stabilità interno.
In particolare, vorrei chiederle se può rispondere alla seguente domanda: se la vendita avviene tramite fondo immobiliare, la regola del Patto di stabilità incide in modo diverso rispetto all'ipotesi che essa avvenga, per esempio, con asta pubblica diretta? Non vi sembra il caso, se esistono difformità, di rendere omogenee le regole, in modo che sia indifferente per un ente pubblico scegliere il fondo piuttosto che l'asta pubblica?
Infine, vorrei sapere se può chiarirci il punto relativo al demanio idrico interregionale. Nel testo originario del decreto varato dal Consiglio dei ministri si parlava soltanto di demanio idrico regionale e provinciale. Nel testo allegato all'intesa in Conferenza Stato-città vengono, poi, inseriti due ulteriori termini, «interregionale» e «comunale». Vorrei chiederle se ci può spiegare bene qual è l'attuale regime. Poco fa, lei ha citato il demanio interregionale e regionale. Ci può spiegare bene qual è l'attuale regime del demanio idrico interregionale, che ha comunicato essere già trasferito alle regioni?

PRESIDENTE. Avevo già appuntato per me la prima domanda, quindi faccio mia quella che riguarda le regioni a statuto speciale.

GIULIANO BARBOLINI. Signor presidente, non ripeto i quesiti già opportunamente avanzati dai colleghi.
Avevo la curiosità e l'esigenza di un ulteriore chiarimento. Lei ci ha riferito che il rendimento dei beni suscettibili di trasferimento, mi riferisco a quelli del patrimonio immobiliare, ammonta a 188-189 milioni. Questo dato non tiene conto degli oneri e degli interventi per la manutenzione e conservazione di questo patrimonio? Esiste un dato di questo tipo, vi è la possibilità di una quantificazione? Come e in che misura, nella prospettiva del trasferimento dei beni, può giocare questo fattore? Un conto, infatti, è un bene in eccellente stato di manutenzione, un altro uno in pessimo stato.
Peraltro, sarebbe anche molto interessante, rispetto alla cifra complessiva, poter capire quali sono i beni che sarebbero fruibili immediatamente e da collocare eventualmente sul mercato - si tratterebbe poi di capire regole e impatti sul Patto di stabilità - e quali quelli che sono oggi in una condizione di rischio di deterioramento, che ovviamente hanno un'opportunità di essere recuperati e valorizzati


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dai soggetti che li possono richiedere e amministrare, ma che costituiscono per i soggetti che li ricevono un onere rilevante.
Da questo punto di vista, il trasferimento avviene semplicemente perché qualcuno se li prende e si tira un sospiro di sollievo? Quali meccanismi sono eventualmente da verificare? Le confermo che sarebbe interessante, almeno per noi, conoscere lo stato complessivo, per grandi numeri e per grandi cifre, di questo patrimonio e della sua condizione. Altrimenti, vale davvero il tema per cui c'è qualcuno che vince la lotteria e qualcun altro che o non partecipa e, quindi, non abbiamo ottenuto il risultato, oppure si trova a gestire situazioni che possono avere implicazioni che, anziché essere premianti, possono risultare particolarmente critiche o difficili da governare e gestire.

PRESIDENTE. Aggiungo una sola domanda. Il valore al quale facciamo riferimento è chiaramente quello di libro, ossia quello che risulta sul conto patrimoniale rispetto a ciascuna voce. Tale valore è datato o viene rivalutato o, eventualmente, svalutato e, in tal caso, ogni quanto? Esiste una cadenza che va al di là dello specifico esercizio finanziario? Questo punto è importante anche per capire: a valore di libro si può mettere un euro, ma poi magari, messo sul mercato, valorizzato e utilizzato, il bene può valere anche molto di più, oppure, al contrario, molto meno, perché occorre compiere una forte ristrutturazione, un ammodernamento o un adeguamento alle normative vigenti con riferimento, per esempio, agli impianti.

FRANCESCO BOCCIA. Mi scuso innanzitutto perché, non avendo ascoltato la relazione iniziale, sono in difetto. Vorrei rivolgere una domanda al dottor Grisolia, che ha vissuto parallelamente alcune esperienze rispetto alle considerazioni che sto per svolgere su come si riesca a dare una risposta rispetto alla distinzione compiuta dall'Agenzia del demanio sull'attuale struttura e sul conto generale del patrimonio, una distinzione, che mi pare sia stata espressa nella relazione iniziale, tra patrimonio disponibile e indisponibile e demanio storico-artistico, in sostanza i 46 miliardi di euro complessivi, e l'articolo 2, in particolar modo al comma 1, che individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a comuni, province e regioni.
Come probabilmente il dottor Grisolia ricorderà, dal momento che fu oggetto di un confronto molto serrato con la Ragioneria generale dello Stato già nel 2006-2007, in diversi momenti della storia che abbiamo alle spalle lo Stato si è ritrovato a dover donare alcuni beni, sia del patrimonio disponibile, sia di quello indisponibile, per vicende diverse.
La più recente e nota che mi viene in mente è quella della famosa chiesa russa promessa a Putin dal Presidente Prodi e poi completata e donata dal Presidente Berlusconi, una vicenda che tocca i due governi e che consentì all'epoca alla Ragioneria generale dello Stato di cimentarsi con le procedure per l'acquisizione di un bene, in quel caso da un comune, il non pagamento di tale bene, perché incideva sui conti, il trasferimento al comune di un bene disponibile e di un altro indisponibile.
Se la memoria non m'inganna, uno dei temi di allora, che costrinse la Ragioneria generale a fare i conti con se stessa, con i conti del patrimonio e con i bilanci dei due livelli territoriali, quello centrale dello Stato e quello dell'amministrazione pubblica, era la coincidenza pari a zero dei valori degli immobili che si trasferirono.
L'aspetto che colpì allora era l'assenza di un censimento sui valori del patrimonio all'interno della struttura del conto generale, cioè dei singoli beni. Quando leggo il comma 1 dell'articolo 2 penso alle migliaia di beni che rientrano nelle tre categorie che avete rappresentato, e penso a come essi possano poi transitare dal bilancio dello Stato a quello delle amministrazioni pubbliche.
Per evitare, come diceva prima il collega Barbolini, la lotteria, perché questo è il rischio in alcuni casi, volevo capire quali sono le valutazioni interne della Ragioneria generale dello Stato, e più in generale, dell'amministrazione centrale dello Stato.


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Non mi tranquillizzano, infatti, le cifre che fino a oggi sono state trasferite, perché sono generiche, generali e non ci consentono di capire quei trasferimenti da un bilancio all'altro. Mentre i plus saranno scoperti dalle amministrazioni che prenderanno i beni in carico all'improvviso - oggi nessun comune sa quanta parte del bene, del patrimonio disponibile avrà in carico, quindi quei numeri saranno oggettivamente un punto interrogativo che si trasforma in un «più» - vorrei capire a quanto ammontano i «meno» e quale meccanismo avete previsto di adottare.
Il comma 1 dell'articolo 2 è molto chiaro, come anche i meccanismi che in questo momento regolano i trasferimenti dei beni tra le amministrazioni. Questo decreto non chiarisce, però, questo aspetto, ma può chiarirlo, nel senso che possiamo lavorare insieme su come farlo, se però abbiamo chiaro l'impatto reale di tutto ciò. A mio avviso, mentre l'Agenzia del demanio ci fornisce alcune informazioni sullo stato e sulle condizioni del patrimonio, nonché sul lavoro svolto nel triennio 2007-2009, è la Ragioneria generale dello Stato che ci deve comunicare a quanti «meno» si sommano i punti interrogativi nei trasferimenti. Poi vedremo l'impatto su molte questioni che hanno toccato i miei colleghi, così come sul quadro generale.
Avendo vissuto insieme più esperienze, quando abbiamo compiuto quelle operazioni, sappiano che sono state molto complesse e che, se non avessero avuto saldo zero, non sarebbero state portate avanti. Immagino che in questo caso non ci potrà essere un saldo zero e lo dico al presidente: quando uscirà fuori questo decreto, non ci potrà essere la scoperta improvvisa in alcune parti del territorio di più e in altre di meno, certamente in meno nel bilancio dello Stato. O ripartiamo dalle certezze che può darci solo la Ragioneria generale dello Stato, oppure rischiamo anche noi di andare avanti al buio nei giorni che abbiamo davanti.

GIAN LUCA GALLETTI. Pongo una domanda brevissima, anche perché, non avendo sentito la relazione iniziale, non voglio aggiungere altro.
Mi ricollego a quanto chiedeva l'onorevole Causi prima, a proposito degli effetti delle dismissioni sul Patto di stabilità. Sarebbe interessante capire anche la differenza degli effetti sul Patto di stabilità rispetto allo strumento che si utilizza.
Qual è la differenza se si effettua la dismissione diretta o se si usa un fondo immobiliare? Lo rilevo perché gli strumenti dovrebbero essere neutri, come impatto sul Patto di stabilità. Del resto, se uno strumento agevola di più rispetto a un altro sugli effetti del Patto di stabilità, gli enti locali saranno portati a utilizzare uno invece che l'altro in base non alla convenienza economica, ma a quella contabile. Vorrei capire - per mia ignoranza, non lo conosco - qual è l'effetto dell'uno e dell'altro e vedere, nel caso in cui esista una differenza, se non convenga renderli neutri a questo effetto.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Spero di chiarire molte domande, ma non credo di avere le risposte a tutte. Vedremo alcune risposte eventualmente con i colleghi.
Inizio dall'onorevole Lanzillotta. Il decreto legislativo - credo che questa sia una risposta anche alle altre domande - specifica che i beni che saranno oggetto di trasferimento conservano il regime giuridico all'origine. Se sono beni patrimoniali disponibili, vengono trasferiti e possono essere destinati alle dismissioni, alle valorizzazioni e via elencando; se sono beni demaniali, non possono che rimanere tali. Ciò che viene trasferito è la proprietà e, per quanto riguarda i beni demaniali, le rendite e, quindi, i canoni di concessione, per quelli che sono dati in concessione, ovviamente a terzi, che attualmente vanno, invece, sul bilancio dello Stato.

LINDA LANZILLOTTA. Io l'ho interpretato nel senso che, nel momento in cui viene trasferito, il bene non può essere passato da demanio a patrimonio disponibile. Una volta che passa nella proprietà


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di un altro soggetto, tale vincolo permane per sempre?

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Non vorrei assolutamente essere l'interprete della norma, ma immagino...

LINDA LANZILLOTTA. Attualmente, come lei sa, in un'amministrazione comunale è sufficiente una delibera del Consiglio per trasferire un bene dal demanio al patrimonio. Domani questo per questi beni che originariamente erano dello Stato non sarà possibile?

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Credo che, sulla base del dato normativo, essi dovrebbero conservare lo stesso regime giuridico. Leggo l'articolo come voi e non ho elementi in più. Il decreto legislativo stabilisce che i beni conservano il regime giuridico, il che significa che, se sono demaniali, rimangono tali.
Per quanto riguarda la valutazione dei beni, mi aggancio anche alla domanda del presidente su come viene valutato il bene. Credo che la valutazione dei beni patrimoniali - potremmo eventualmente riservarci di confermarlo - avvenga a valore di libro e assolutamente non a valore economico, tanto è vero che nella legge finanziaria per il 2010 era prevista la redazione di un conto a valori economici. Mi pare che se ne stia occupando la Direzione generale del Tesoro.
Per quanto riguarda la valutazione dei beni demaniali, su cui è intervenuto anche il Direttore generale dell'Agenzia del demanio, Prato, di cui ho letto l'audizione, questi beni sono valorizzati zero nel conto generale. Non abbiamo assolutamente un valore. Sinceramente, non so se sia possibile valutare una spiaggia o un altro bene demaniale. Abbiamo conteggiato, invece, il valore delle rendite della concessione, quindi i rendimenti. Se ci sono pezzi di demanio dati in concessione a terzi, abbiamo indicato che il rendimento è quello relativo. L'esistenza del presupposto per una valorizzazione anche di questi beni demaniali e, quindi, per ottenere magari rendite, anche a livello di canoni demaniali, maggiori rispetto a quelle attuali, è un discorso eventualmente da affrontare in seguito.
Per esempio, per quanto riguarda le concessioni e i canoni demaniali, l'ultimo provvedimento, mi pare quello sulla proroga termini, ha previsto addirittura che i canoni delle concessioni demaniali rimanessero fermi fino al 2015. Molto probabilmente, alla scadenza le regioni o gli enti locali potranno, in base a un diverso tipo di valorizzazione, prevedere un modo di affidamento magari diverso per poter ottenere rendimenti anche superiori a quelli attuali. Noi abbiamo conteggiato, in effetti, solamente queste entrate - chiamiamole così - da fitti, concessioni e via elencando.
Mi aggancio anche all'ultima valutazione perché mi torna utile per completare il discorso. Noi ci riferiamo sempre al conto generale del patrimonio; la valutazione che abbiamo fatto è quella del 2008, basata sui valori del 2008, ritenendo che quelli per il 2009 siano ancora in fase di definizione ufficiale. Abbiamo, dunque, preso a riferimento i dati dal conto generale del patrimonio relativamente ai dati del 2008.
Per quanto riguarda, invece, il discorso sulla stima relativa agli oneri e ai costi, per la verità credo che in materia possa essere sicuramente più utile il dottor Prato dell'Agenzia del demanio. Noi, come ripeto, abbiamo contabilizzato solo le entrate.
Con riferimento alla domanda dell'onorevole Nannicini, quando si parlava dei 700 milioni di oneri, non so se siano riferiti solo ai beni patrimoniali che saranno potenzialmente oggetto di trasferimento. Sinceramente non glielo so dire.

ROLANDO NANNICINI. Lo Stato paga 700 milioni; al mio calcolo, è quasi un miliardo l'anno. Prato ci riferisce che sono 700 milioni per 7.000 immobili, che comprendono caserme, tribunali, polizia e quello che vuole, che in generale realizzano


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i privati, mentre poi lo Stato paga gli affitti. Si spendono quindi 700-800 milioni l'anno per i 7.000 immobili che lo Stato ha in locazione passiva. La valorizzazione dovrebbe partire anche dall'usare in modo diverso gli immobili dello Stato che ci rendono pochissimo.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Credo che ciò possa trovare risposta proprio nel comma 222 dell'articolo 2 della legge finanziaria, che prevede che l'Agenzia del demanio, che purtroppo devo nuovamente chiamare in causa, debba svolgere questo discorso di valorizzazione attraverso un maggiore utilizzo del patrimonio dello Stato. Mi sembra di ricordare, sempre dall'audizione però, che il dottor Prato parlasse anche di un auspicio da parte sua che questo ragionamento si potesse svolgere anche nell'ambito degli enti territoriali per cercare di trovare una compensazione, se ricordo bene.

ROLANDO NANNICINI. Voglio essere più preciso: ci sono alcune caserme per cui lo Stato paga; c'è un bene immobile che verrà trasferito gratuitamente o al comune o alla provincia o alla regione. Perché non utilizzare quel bene immobile e smettere di pagare l'affitto? Ci manca la rete. Si emanano provvedimenti su una filosofia, ma non si vede in modo organico la funzione dello Stato o della Repubblica.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Concordo, ma purtroppo su questo non so dare una risposta.

BIAGIO MAZZOTTA, Direttore generale del servizio studi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Sul problema delle permute, l'Agenzia del demanio sta operando da diversi anni. Credo che anche il direttore Prato abbia fatto riferimento a tali circostanze. Spesso sono impegnatissimi nel lavoro di permuta tra beni dello Stato e degli enti locali in particolare, in cui vi è uno scambio finalizzato proprio a ridurre il costo dei fitti passivi. La finalità con la quale viene effettuata la permuta è proprio quella di ridurre i costi a carico delle amministrazioni pubbliche.
È il caso delle caserme, che vengono a volte cedute agli enti locali perché si trovano in una zona centrale rispetto a una città, ragion per cui possono essere sicuramente valorizzate, mentre in cambio lo Stato riceve un immobile in cui magari ha sede un ufficio giudiziario. Sono operazioni che spesso possono accadere e sono portate a termine dall'Agenzia del demanio.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). L'onorevole Lanzillotta parlava anche di contabilizzazione. Sinceramente non riesco a immaginare come sia possibile andare a raccordare i valori che escono dal bilancio. Immagino che possa essere fatto all'inizio per i valori corrispondenti. Dopo aver svolto la valutazione dei beni che saranno oggetto di trasferimento, a seconda delle assegnazioni che verranno attribuite ai diversi enti locali, immagino che le partite debbano trovare un'esatta corrispondenza, per cui, una volta dato un valore di trasferimento, esso sarà sottratto nell'ambito del conto generale del patrimonio dello Stato e magari corrispondentemente aggiunto in quello del conto generale dell'ente locale interessato.
Per quanto riguarda la diversa imputazione relativamente agli oneri, immagino che gli oneri di gestione siano considerati nel bilancio dello Stato come spese, finanziariamente parlando. La valutazione del patrimonio sta, invece, nel conto generale del patrimonio stesso. Questi sono i due aspetti dei documenti contabili.
L'onorevole Lanzillotta parlava anche di frazionamento. Il decreto legislativo fa riferimento a tipologie e a gruppi di beni, che dovrebbero essere trasferiti per gruppi omogenei proprio per evitare che alcuni pezzi vengano trasferiti e altri no.
L'altro aspetto potrebbe essere quello che l'attribuzione possa avvenire a diversi


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livelli, locale, provinciale e regionale. In realtà, tra i criteri previsti dal decreto legislativo vi è quello della sussidiarietà. Si dovrebbe, quindi, partire dall'ente locale, sulla base del principio del radicamento sul territorio di tali beni. Dunque, se un bene è di interesse di un ente locale, quindi di un comune, è chiaro che si parte con l'attribuzione al comune, per poi ove questo non fosse interessato, passare a provincia e regione, se ne fanno domanda. Credo che sia questo il criterio indicato.

LINDA LANZILLOTTA. Domandavo se le coste non siano soggette a un principio unitario di gestione e se non rientrino in una competenza esclusiva dello Stato, per esempio in materia di sicurezza.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Credo che dovremmo chiedere questa valutazione al dottor Prato, perché la gestione dei beni è affidata all'Agenzia del demanio.

GIAN LUCA GALLETTI. Per essere chiari, così lo teniamo in memoria, i gruppi di beni riguardano il marittimo, l'idrico e le miniere. Non riguardano, invece, i terreni fabbricati, che vanno considerati singolarmente.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Assolutamente.

LINDA LANZILLOTTA. Ma i rapporti tra patrimonio e debito?

EDOARDO GRISOLIA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni (IGEPA). Onorevole Lanzillotta, non esiste una regola codificata. Indubbiamente, il patrimonio è garanzia del debito. Non a caso, la recente normativa prevede, proprio come principio di carattere generale, che tutti i proventi delle alienazioni debbano essere destinati alla riduzione del debito.
Non sarebbe male, visto che ci state chiedendo alcune valutazioni, che anche in questo decreto fosse codificato un principio del genere, perché siamo in presenza di un debito consolidato, che considera, quindi, sia il debito dello Stato che quello dell'ente locale. Non sarebbe male allora che, in caso di alienazione, fosse previsto il vincolo verso la riduzione del debito.
Rimangono i problemi aperti, che avete sottolineato, della distribuzione degli immobili a macchia di leopardo. Indubbiamente, un ente pubblico che riceve un immobile viene avvantaggiato nell'abbattimento del suo livello di debito. A questo punto, allora potrebbe essere valutata l'ipotesi di istituire un fondo perequativo e prevedere, per esempio, che una quota per la parte della valorizzazione dei beni sia appannaggio dell'ente destinatario dell'immobile e il residuo venga distribuito tra gli altri. Queste, però, per la verità, sono valutazioni più politiche che tecniche.

BIAGIO MAZZOTTA, Direttore generale del servizio studi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Vorrei soltanto integrare rispetto alla domanda che aveva posto l'onorevole Lanzillotta. In effetti, confermo quanto riferiva il dottor Grisolia. Non esiste un raccordo preciso, una regola riguardo al patrimonio e al debito. Non esiste o comunque per il momento non è obbligatorio neanche a livello comunitario, per quanto riguarda il SEC. Oggi, per esempio, per i diversi Paesi non c'è un obbligo di redigere un conto del patrimonio.

LINDA LANZILLOTTA. Poi le agenzie di rating quando danno una valutazione del debito, non guardano anche al patrimonio?

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma poiché verrà redatta una trascrizione della seduta, vi prego di parlare uno alla volta, altrimenti nella registrazione stenografica non sarà possibile inserire gli interventi.

BIAGIO MAZZOTTA, Direttore generale del servizio studi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.


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Volevo solo precisare che non esiste un obbligo di redazione di un conto del patrimonio. È probabile che dal 2014, col nuovo SEC, esso venga imposto. È vero anche, come aveva accennato prima il dottor Mastroianni, che l'articolo 2, comma 222, della legge finanziaria 2010 ha dato avvio al censimento dal punto di vista dei valori di mercato dei beni, su cui la direzione del Tesoro si sta cominciando a impegnare. Sono già state emanate alcune circolari, che abbiamo condiviso, però è un lavoro sicuramente lungo da svolgere. Non esiste, dunque, a oggi alcun obbligo o raccordo particolare.
Relativamente al rapporto tra patrimonio e bilancio finanziario, dal momento che è un tema piuttosto tecnico e complicato, magari possiamo stilare un appunto con i punti di concordanza relativamente a questa parte e inviarlo alla Commissione.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Riprendo con il senatore Vitali, il quale domandava a chi vanno i beni di valore. Premesso che bisognerebbe rispettare il decreto legislativo, che prevede la territorialità, se questi beni di valore sono nell'ambito di un territorio di una regione, essi non possono che essere acquisiti dall'ente locale in cui l'immobile è collocato territorialmente.
È forse importante sottolineare, però, come mi sembra di aver già detto anche prima, che, complessivamente, l'importo significativo in termini quantitativi, ma credo anche di valore, è quello dei beni demaniali, ancorché non valorizzati. È quella la parte più grossa, perché, per quanto riguarda tutti gli altri, cioè i beni patrimoniali, per i quali anche negli altri interventi si poneva il problema della dismissione e della valorizzazione - mi riferisco ai beni patrimoniali disponibili, ovviamente, dato che parliamo di beni patrimoniali che andranno nell'elenco di quelli che potranno essere potenzialmente trasferiti - ammontano complessivamente all'importo che abbiamo citato prima, vale a dire a circa 2,9-3 miliardi di euro.

WALTER VITALI. Vorrei chiarire il mio pensiero su questo punto, perché ho visto che anche il senatore Franco vi faceva riferimento e forse non sono stato chiaro.
Sono assolutamente a favore dell'applicazione rigorosa dell'articolo 19. Mi preoccupa molto, però, il meccanismo che funziona «su richiesta di». Se si tratta di un patrimonio legato alle funzioni, allora ci sarà una procedura consultiva, il più possibile ampia, al termine della quale viene stilato un elenco, stabilito rigorosamente dal soggetto Stato. Il decreto, invece, dice: «su richiesta di».
Da qui, allora, sorge la mia domanda, un po' provocatoria. Se esiste un bene di valore, che insiste ovviamente sul territorio di un comune, sul quale ci sono richieste del comune, della provincia e della regione, come si fa a stabilire a chi va, posto che il principio di sussidiarietà non è evidentemente sufficiente, essendo un bene singolo, a definire con chiarezza a chi spetti? Si innesca un meccanismo anche discrezionale.
Sono contrario alla procedura e, quindi, favorevole al trasferimento del patrimonio, ma sulla base di una procedura rovesciata rispetto a quella attuale. Anticipo un giudizio che poi discuteremo.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Non voglio assolutamente discutere la valutazione politica; ci mancherebbe altro. Vorrei solamente precisare che, dalla lettera della norma del decreto legislativo, in realtà è lo Stato a compilare l'elenco dei beni trasferibili, dopo aver eventualmente valutato che, su richiesta di altre amministrazioni dello Stato, come stabilisce la norma, opportunamente motivate, anche i beni potenzialmente trasferibili possano essere richiesti come utilizzo nell'ambito delle amministrazioni centrali stesse, forse anche per sopperire alle esigenze di andare a trovare sinergie fra locazioni passive o immobili che, invece,


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possono essere utilizzati in qualche maniera. Nella logica della norma vedrei una situazione di questo tipo.
Ripeto, interpretando la norma - può darsi che mi sbagli - credo che l'elenco vada stilato dall'amministrazione dello Stato, salve le suddette valutazioni. Una volta redatto l'elenco e stabilito sul territorio, sempre non relativamente ai beni demaniali, perché quelli passano automaticamente, ma ai beni patrimoniali disponibili, quei beni vanno assegnati secondo la vocazione, l'utilizzo che se ne può fare e via elencando, e li si mette in ordine.
Non so poi se questo ordine possa essere considerato di tipo gerarchico o no. Prima ho parlato di principio di sussidiarietà, secondo cui viene prima il comune, poi la provincia e la regione. Pertanto, immagino che il decreto legislativo abbia voluto anche esprimere un criterio di trasferimento. Questo è il mio pensiero.
Con riferimento al valore complessivo dei beni trasferiti, questione posta dall'onorevole Nannicini, per quanto riguarda i beni patrimoniali, è quello che abbiamo indicato. Per quanto riguarda, invece, i beni demaniali non disponiamo di un valore complessivo.
Il rendimento - ripeto - è stato valutato in base alle entrate, per cassa, relativamente a una stima del 2010, raffrontata, come vi ho dimostrato prima nell'esposizione, anche a un dato di consuntivo, che però non è ancora definitivo.
Senatore Compagna, quanto ai beni di interesse storico-artistico e alla possibilità del passaggio da demanio a patrimonio disponibile, penso di aver già dato una risposta all'onorevole Lanzillotta. Il patrimonio storico-artistico in realtà è escluso dal novero dei beni trasferibili: è demanio e basta. Con le eccezioni previste dal decreto legislativo, è possibile un suo trasferimento, però nell'ambito o di specifiche norme che ne prevedano il trasferimento o dei famosi accordi previsti dal Ministero con gli enti interessati.

PAOLO FRANCO. Ma il valore potenziale di questi beni?

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Ne abbiamo 15 per il demanio storico-artistico e 25 per il patrimonio indisponibile.

PAOLO FRANCO. 15 miliardi sarebbero, quindi, potenzialmente trasferibili.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Fuori dal decreto legislativo, con altri criteri.

MARCO CAUSI. Con gli accordi previsti dal codice dei beni culturali.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Il senatore Saro pone una domanda sulla garanzia del patrimonio del debito pubblico, cui penso che sia stata già data una risposta. Non so se può essere considerata tale oppure se dobbiamo apportare integrazioni.
Onorevole Causi, su beni e regole è già stata fornita una risposta. Per quanto riguarda le regole della trasferibilità e l'impatto sulle vendite, ritengo che il collega Grisolia le abbia dato una risposta.
In merito alle regole, credo che dovrebbe fornire alcune risposte in più anche l'Agenzia del demanio. Credo che tanti aspetti, come i criteri per stabilire gli oneri, a quanto ammontano, qual è la parte da confrontare con il rendimento dei beni da trasferire, possano essere sicuramente chiariti. Sinceramente non disponiamo al momento dei dati e forse sempre l'Agenzia del demanio, quando saranno individuati i gruppi di beni, potrà svolgere un ragionamento più mirato. Stiamo fornendo cifre di potenzialità, di patrimonio potenzialmente trasferibile, ma penso che si possa dare una risposta più attendibile solo quando verranno individuate esattamente con un DPCM le tipologie degli immobili soggetti a trasferimento.
Relativamente al demanio idrico interregionale, il demanio idrico regionale e interregionale è gestito amministrativamente dalle regioni, ma non già trasferito


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a esse. Sono già acquisite dalle regioni le rendite per sfruttamenti, concessioni o altro affidate a privati, a differenza dei beni del demanio marittimo, per i quali i rendimenti, cioè i canoni demaniali, gestiti dalle regioni e dagli enti locali, sono incassati dallo Stato.
Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, quando precisavo che non le abbiamo considerate ai fini della valorizzazione, mi riferivo al patrimonio disponibile da trasferire. Non le so indicare, sinceramente, qual è lo stato dei trasferimenti di questi patrimoni nell'ambito delle regioni a statuto speciale. Sarà necessario svolgere un approfondimento in merito.
Per quanto riguarda invece i beni demaniali, quindi il demanio marittimo e via elencando, saranno oggetto ovviamente di questo tipo di trasferimento, quindi del decreto legislativo, nell'ambito del quale rientrano e per il quale valgono le stesse regole delle altre regioni.
Senatore Barbolini, il rendimento dei 189 milioni non tiene conto degli oneri di gestione. È un dato di consuntivo. Sulla base degli accertamenti e degli incassi effettuati, i beni potenzialmente trasferibili danno un rendimento di 189 milioni.
Rispetto a quali sono gli oneri connessi al patrimonio che può essere trasferito e anche all'altra domanda postami sul problema per il quale alcuni beni si trovano in situazione tale per cui chi li riceve, l'ente locale, dovrà far fronte a notevoli spese a seconda delle condizioni rispetto ad altri che, invece, potrebbero ricevere immobili di valore o con meno oneri, purtroppo non so dare una risposta. Posso solamente dire che abbiamo conteggiato le rendite.
Per quanto riguarda gli oneri, anche questo è un discorso da svolgere, ma è l'Agenzia del demanio a gestire quali saranno gli oneri connessi al patrimonio che sarà trasferito. Inoltre, non conosco lo stato degli immobili che sono sul territorio.

PRESIDENTE. In quel caso, l'Agenzia del demanio dovrà fornirci elementi più precisi.

DOMENICO MASTROIANNI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale di finanza (IGF). Assolutamente. Riguardo alla domanda posta dall'onorevole Galletti sulle differenze sul Patto di stabilità e dei criteri cedo la parola al collega Grisolia.

EDOARDO GRISOLIA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni (IGEPA). Premetto che la finalità del provvedimento è quella della valorizzazione; l'alienazione degli immobili è un fatto un po' secondario rispetto a tale finalità principale. Comunque, per quanto riguarda l'alienazione, le regole che disciplinano il Patto di stabilità interno trattano questa operazione in modo completamente diverso rispetto alle regole di finanza pubblica, della contabilità nazionale.
Del resto, dal 2010, dal momento che è stata soppressa una precedente norma, le entrate straordinarie provenienti dalle alienazioni concorrono a tutti gli effetti ai saldi validi per il rispetto del Patto di stabilità interno da parte degli enti locali. Ciò non avviene, invece, in contabilità nazionale, perché, mentre le spese che vengono effettuate utilizzando questo ricavo incidono sia sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione in termini nominali, sia sull'indebitamento netto strutturale, sotto il profilo di quest'ultimo i proventi delle alienazioni non valgono. Un'eventuale alienazione di un immobile e l'utilizzo delle relative entrate comportano, di fatto, un peggioramento in termini di finanza pubblica, proprio perché le regole sono diverse dal punto di vista della contabilità nazionale.
Naturalmente, questo capita anche se intervengono fondi immobiliari, perché, se vengono trasferiti immobili previo corrispettivo, si tratta di un'alienazione a tutti gli effetti, mentre, invece, se viene conferito un immobile contro il corrispettivo di una quota, siamo in presenza di un'operazione finanziaria, che, come tale, è esclusa dal Patto di stabilità interno. Indubbiamente, a seconda di come vengono utilizzati gli immobili, ci sono impatti diversi sul Patto di stabilità interno.


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PRESIDENTE. Possiamo fermarci qui, anche perché abbiamo una nuova audizione.
Ringraziamo molto il dottor Grisolia, il dottor Mastroianni, il dottor Mazzotta e quanti hanno partecipato a quest'audizione. Abbiamo ricevuto alcune conferme e anche alcune risposte a domande su temi per i quali si poneva la necessità di chiarimenti ai fini del nostro lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa dalle 11,30, è ripresa alle 11,35.

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