Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di inchiesta parlamentare nasce dall'esigenza di verificare, valutare e monitorare il lavoro che ha svolto e svolge la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi a seguito dell'ultimo sisma, avvenuto il 6 aprile scorso, e della denuncia per omicidio colposo plurimo a suo carico presentata in relazione a tale evento. La Commissione di inchiesta dovrà analizzare e valutare compiti e responsabilità nell'attività e nell'esercizio delle funzioni ad essa attribuite.
Ralph J. Archileta dirige l'Earth Science Department dell'università della California a Santa Barbara ed è considerato uno dei maggiori esperti statunitensi di grandi terremoti. Egli ha affermato: «Davanti a disastri naturali come i terremoti nessuno si permetterebbe mai di ignorare una teoria, neanche la più bizzarra». Lo studioso Hirishi Wakita ha dedicato la sua vita allo studio del radon, che ritiene uno dei precursori più attendibili.
In Italia, il 40 per cento della popolazione vive in aree a rischio sismico, dove il 64 per cento degli edifici non è costruito secondo le norme antisismiche e dove sono morte 120.000 persone nell'ultimo secolo. Due milioni di persone sono esposte al rischio vulcanico. Negli ultimi novanta anni ci sono state in Italia 5.400 alluvioni e 11.000 frane. Questi disastri sono costati negli ultimi venticinque anni oltre 200.000 miliardi di lire. Occorre tuttavia domandarsi se sia corretto, per eventi solo apparentemente straordinari, fare leva ogni volta sulla drammaticità degli esiti per legiferare in maniera affrettata, incontrollabile e conseguentemente spesso inappropriata, riscrivendo le competenze, la quantità e la ripartizione dei fondi, nonché la loro reperibilità. Finora si è sempre fatto ricorso a ordinanze e decreti urgenti per definire le competenze, stabilire i provvedimenti e reperire i relativi fondi, ma non si è ancora riusciti ad intervenire in modo omogeneo e organico e si continua ad assistere a variazioni in corso d'opera.
Il terremoto si manifesta come un rapido, violento e non prevedibile scuotimento del terreno e avviene in modo inaspettato e senza preavviso. Dura pochissimo, ma le sue conseguenze in termini di vittime, danni materiali e popolazione coinvolta, sono spesso drammatiche. L'Italia è un Paese ad elevata sismicità per la frequenza e la forza dei terremoti, che hanno interessato il suo territorio e di cui conosciamo gli effetti grazie alle testimonianze scritte che hanno permesso di ricostruire la sua storia sismica nel corso dei secoli.
La notte fra il 5 e il 6 aprile 2009 un sisma di magnitudo 5,8 Richter con epicentro a pochi chilometri dall'Aquila ha segnato profondamente l'intera regione Abruzzo.
Circa 140 paesi colpiti, di cui una cinquantina gravemente danneggiati, 70.000 sfollati, circa 300 deceduti e 1.500 feriti e ancora 8.500 persone sul campo tra soccorritori, vigilanti, operatori sanitari, tecnici e poi 2.000 vigili del fuoco, 1.500 militari, 2.000 componenti delle Forze di polizia e 3.000 volontari arrivati da ogni angolo della regione e da varie parti d'Italia; 161 campi con 6.000 tende e 91 presìdi medici; tutto ciò è stato sostenuto da una grande e forte solidarietà di tutti i cittadini e delle istituzioni italiane e straniere con donazioni in denaro e in beni materiali.
Nell'analizzare razionalmente la vicenda, potrebbe non sembrare un evento inaspettato. Dal 14 dicembre 2008 l'Aquilano è soggetto a una serie ininterrotta di scosse. Dal 14 dicembre 2008 al 31 marzo 2009 i sismografi registrano 179 scosse in quel territorio, 41 di esse avvertite dalla popolazione. Tra il 30 e il 31 marzo, nella città si avvertono dieci scosse comprese tra i 2,4 e i 4 gradi di magnitudo. In quelle ore Giampaolo Giuliani, tecnico del laboratorio di fisica del Gran Sasso che studia in proprio il comportamento del gas radon in prossimità dei terremoti, preannuncia un forte sisma da lì a qualche giorno. Il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, davanti alle prime crepe in alcuni palazzi, invia alla Protezione civile un telegramma in cui chiede lo stato di emergenza. Il 31 marzo 2009 si riunisce la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, che inizia con un resoconto dei fatti, in cui il professor Boschi afferma: «improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta». Dal 1o al 6 aprile ci sono state altre nove scosse di magnitudo tra 1,8 e 4,6 gradi, prima di quella devastante di magnitudo 5,8 alle 3,32 del mattino.
Il 6 aprile, alle ore 16,30, presso la Scuola sottufficiali della Guardia di finanza dell'Aquila, si riunisce la Commissione grandi rischi. Nel verbale si legge: «La zona epicentrale dell'evento è viceversa caratterizzata da pericolosità tra le più alte in Italia. Un terremoto di elevata magnitudo era quindi da attendersi, non in un momento preciso e con un epicentro definito».
Un noto avvocato aquilano, Antonio Valentini, ha presentato una denuncia penale contro la Commissione grandi rischi alla procura della Repubblica con l'accusa di omicidio colposo plurimo.
Il 21 dicembre 2009, sul sito internet dell'Espresso vengono pubblicati i testi di due lettere rispettivamente del professor Boschi e di Guido Bertolaso. Il 16 settembre scorso il professor Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, scrive una lettera a Guido Bertolaso, direttore del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'onorevole Giuseppe Zamberletti, presidente della Commissione grandi rischi, al professor Franco Barberi, vice presidente vicario della Commissione grandi rischi, e al dottor Gianni Letta. Il professor Boschi fa un suo dettagliato resoconto dei fatti relativo al terremoto del 6 aprile scorso all'Aquila e, riguardo alla riunione del 31 marzo 2009, afferma: «Inizia alle ore 18.45 circa. La riunione è del tutto irrituale anche per la presenza di numerose persone a me sconosciute. Viene improvvisamente interrotta alle 19.30 da De Berardinis senza che sia stata concordata alcuna deliberazione e senza che sia stato stilato il verbale. [...] Per come la penso io la riunione del 31 marzo 2009 effettivamente non c'è stata. [...] Successivamente venni a sapere che la riunione era stata interrotta perché per le 19.30 era già stata prevista una conferenza stampa [...] Il 6 Aprile, dopo il terremoto, la Commissione Grandi Rischi viene riconvocata a L'Aquila. Mauro Dolce mi mostra un testo che riporta in maniera decisamente confusa, imprecisa e incompleta cose dette durante la riunione del 31 marzo 2009». Boschi, tra l'altro, sostiene che nella riunione del 31 marzo 2009, senza fare alcun riferimento al corposo allegato tecnico presentato da Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). «Qualcuno corregge questo testo alla meno peggio e Mauro Dolce ce lo fa firmare (contro il muro) nella caotica serata del 6 Aprile, a suo dire, per "ragioni interne"» Boschi scrive ancora che Bertolaso gli avrebbe messo in bocca parole non dette e che «non era presente a L'Aquila e, quindi, qualcuno ha fatto confusione o, peggio, ha mentito».
Di un coinvolgimento della comunità scientifica nella protezione civile si comincia a parlare solo con gli anni ottanta, dopo le dure lezioni ricevute dai terremoti del Friuli e dell'Irpinia. Dopo varie costituzioni e ricostituzioni, con il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi viene ridefinita nelle sue indicazioni essenziali: natura, finalità, collocazione, mantenendo tuttavia la tendenza ad articolarsi per sezioni di studio. Su questa base, il decreto del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile 12 aprile 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 12 aprile 2002, la ricostituisce negli otto settori previsti. In tale decreto si registra, in più, un aumento delle partecipazioni istituzionali a scapito dell'aspetto strettamente «scientifico» della Commissione. Ma l'articolo 2 del decreto, essenziale per l'articolazione della Commissione in sezioni, viene subito modificato con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 novembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 2002, il quale denuncia indirettamente tutti i limiti di un organismo divenuto ormai pletorico e quasi ingestibile, in cui soltanto pochissime sezioni si riuniscono per lavorare e in cui la seduta plenaria è difficilmente organizzabile. Con il breve decreto autunnale, il Presidente del Consiglio dei ministri modifica appunto l'importante articolo 2 del decreto del 12 aprile 2002, stabilendo che «La Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composta dal capo del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di vice presidente, che sostituisce il presidente in caso di assenza o impedimento, da un esperto in problemi di protezione civile, dal presidente e da un esperto per ciascuno dei settori di rischio di cui all'articolo 3, da due esperti designati dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, da due esperti designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, da un rappresentante del Comitato nazionale di volontariato di protezione civile, dal presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e di vulcanologia, dal presidente del Gruppo nazionale difesa terremoti, dal presidente del Gruppo nazionale difesa catastrofi idrogeologiche e dal presidente del Gruppo nazionale vulcanologia». Si riparte da capo, quindi, e si tende a cambiare filosofia.
Finalmente, con il decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi ritorna ad essere «l'organo di consulenza tecnico-scientifica del Dipartimento della protezione civile», mentre vengono fissati alcuni princìpi per la sua composizione.
Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 aprile 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 235 del 9 ottobre 2006, infine, la Commissione viene ridotta nella composizione, delegando quantità e qualità dei contributi tecnico-scientifici alla redazione di un apposito registro di esperti da coinvolgere nelle attività della Commissione, che recupera in ogni caso la sua funzione plenaria. Vi è da dire che, con l'ultima formulazione, la Commissione, da organo consultivo e propositivo che era, sembrerebbe individuata ora unicamente come organo consultivo del Capo del Dipartimento. Infatti, il decreto-legge n. 343 del 2001 recitava che «la Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi, che si riunisce presso il Dipartimento della protezione civile, è articolata in sezioni e svolge attività consultiva tecnico-scientifica e propositiva in materia di previsione e prevenzione delle varie situazioni di rischio», non discostandosi molto dalle indicazioni della vecchia legge n. 225 del 1992 («La Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è organo consultivo e propositivo del Servizio nazionale della protezione civile su tutte le attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio. La Commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all'esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all'esame di ogni altra questione inerente alle attività di cui alla presente legge ad essa rimesse»). Il decreto-legge n. 245 del 2005, da cui in pratica l'ultimo decreto dipende, sembrerebbe ricondurre la Commissione al suo naturale ruolo di organo di consulenza. In realtà, fra i compiti della Commissione nell'ultimo decreto vi è proprio quello di formulare «pareri e proposte», per cui in buona sostanza non si registrano cambiamenti reali nella natura della Commissione stessa.
La Commissione ha come compito principale quello di formulare pareri e proposte nei settori di rischio, riunendosi di regola bimestralmente. Può prendere iniziative presso il Capo del Dipartimento per organizzare particolari iniziative di studio e approfondimento. Può effettuare ricognizioni, verifiche, indagini. Può tenere un registro di esperti per singoli settori di studio a cui attingere per arricchire di volta in volta di nuovi contributi il lavoro della Commissione stessa.
Se è vero che non si possono prevedere i terremoti, in Giappone non è esattamente così. Negli anni ottanta in Giappone ciclicamente bambini, impiegati, personale di albergo si addestravano alle simulazioni antiterremoto. Poche regole precise, piccoli oggetti di aiuto, molta e continua informazione procedurale destavano non poca curiosità e commenti in un Paese che organizza anche i posti dei senzatetto con i numeri e le righe per terra. Il 17 ottobre 1989 segna una data storica per San Francisco (California): ci fu il primo terremoto andato in onda in diretta sulla rete CBS durante una finale storica di football americano. Dopo quell'evento gli Stati Uniti d'America hanno cominciato il loro pellegrinaggio in Giappone e, proprio apprendendo dai loro efficaci programmi nazionali, hanno cominciato a mettere in pratica i sistemi di prevenzione. La prevenzione è l'unica arma funzionante contro i terremoti in quanto purtroppo oggi essi non sono prevedibili (o quasi). Attualmente il Giappone è il Paese con la migliore organizzazione a tema sismico del mondo. Il Giappone ha redatto a livello governativo sei punti focali per la prevenzione e l'organizzazione contro i terremoti:
1) informativa di prevenzione su larga scala (volantini, manuali, documentazione);
2) strutture preorganizzate e visibili di cartellonistica di percorsi di emergenza;
3) pianificazione dettagliatissima delle evacuazioni post sisma;
4) strutture globali (abitazioni, tubature, cavi elettrici) antisismici;
5) kit di sopravvivenza in uffici e case;
6) esercitazioni cicliche antisisma.
Scuole, palazzi, centri turistici per stranieri, di fatto tutti gli enti governativi giapponesi hanno la prevenzione dei terremoti come fondamento della vita sociale. Manuale e documentazione vengono aggiornati e spiegati ovunque, perfino nei ryokan tradizionali. Questo manuale eccelle nella semplicità e completezza ed è stato copiato in Canada, negli Stati Uniti d'America e nei Paesi scandinavi come esempio di eccellenza organizzativa.
I percorsi cittadini delle prefetture sono tutti segnalati e pianificati con segnaletica fissa per convogliare il traffico delle persone in fuga e dei soccorsi in caso di sisma.
I cittadini sono organizzati per area abitativa e, in caso di evento catastrofico, sanno senza aspettare i soccorsi dove si devono raggruppare (piazza, parco o scuola) e attendere istruzioni. Nulla è lasciato al caso, anzi nelle grandi città la «carpa/pesce gatto» indica quali siano le grandi arterie che possono essere chiuse in pochi minuti con possibilità di farvi confluire il flusso di emergenza.
Nelle agenzie immobiliari giapponesi, per appartamenti in palazzina esiste una sezione di vendita (obbligatoria per legge) che spiega gli accorgimenti antisismici obbligatori che equipaggiano il palazzo. Da qualche anno per esempio alcuni palazzi basano i pilastri portanti su sfere di cemento all'interno di cilindri di cemento, che in caso di terremoto fanno muovere il palazzo in movimenti circolari i quali spezzano l'urto tellurico.
I negozi, gli uffici e molte abitazioni hanno incollati sulla porta di casa o sotto le scrivanie il famoso kit anti-sisma che in casi emergenza, trovandosi bloccati, permette di sopravvivere alcuni giorni aspettando i soccorsi (torce a carica, radio a carica, garze, cerotti, acqua, barrette energetiche, fischietto eccetera).
Le scuole e gli uffici eseguono ciclicamente percorsi e addestramenti antisismici che senza alcun dubbio - dati alla mano - aumentano la possibilità di sopravvivenza all'ennesima potenza.
L'Italia come il Giappone è un Paese sismico, ma con un'organizzazione e un'attività di prevenzione completamente diversa, o meglio, quasi inesistente.
L'inchiesta ha come fine ultimo verificare e analizzare compiti e responsabilità della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi previsti dal decreto costitutivo. Vigilare sul lavoro svolto e valutare i benefìci apportati alla collettività all'eventuale fine di riconsiderarne l'attendibilità e la struttura.
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