Onorevoli Colleghi! Oggetto del nostro giudizio sono le affermazioni dell'on. Berlusconi alla trasmissione «Porta a Porta» il 10 aprile 2008, e altre, simili seppure non identiche, asseritamente pronunciate dal medesimo durante un comizio a Viterbo il 28 marzo 2008. Entrambi gli episodi sono accaduti in piena campagna elettorale 2008, che vedeva il deputato Berlusconi candidato premier.
Dai due episodi sono nati due procedimenti penali - per diffamazione aggravata - pendenti innanzi al tribunale di Bergamo e al giudice di pace di Viterbo, ed uno civile per accertamento negativo e risarcimento danni, innanzi al tribunale civile di Roma.
Va preliminarmente osservato che almeno dalla prima metà degli anni 90 i due protagonisti della vicenda odierna non si risparmiano nello scambio di valutazioni e giudizi. Esistono libri e infinite pagine web che provano uno scambio reciproco di accuse e critiche varie e assai caustiche.
Se una differenza c'è nell'atteggiamento dei due colleghi, è nelle reazioni, che vedono l'on. Di Pietro rivolgersi molto più di frequente ai tribunali (alcune centinaia di volte) rispetto all'on. Berlusconi, che, sebbene terminale passivo di un infinito numero e varietà di epiteti e giudizi negativi, certamente ingiuriosi quando non diffamatori o calunniosi, raramente è ricorso alle querele, preferendo difendersi sul piano politico.
L'antagonismo tra i due odierni protagonisti trova probabilmente il suo primo momento in una dichiarazione del 1995 dell'allora P.M. Di Pietro che, riferendosi al da lui indagato Silvio Berlusconi ebbe a dire «vado io in dibattimento...quello lo sfascio»
La crudezza della dichiarazione suscitò molte reazioni all'epoca e fece parlare di «animosità personale» nei confronti di un indagato, tant'è che, tra gli altri, il padre costituente e senatore a vita Leo Valiani ebbe a dire «io a Di Pietro l'inchiesta su Berlusconi l'avrei tolta» e la dott.ssa Tiziana Parenti - già membro del Pool «Mani Pulite» - osservò che «..nella foga di dissociarsi ...Borrelli ha fatto un vero autogol. A un PM che faceva dichiarazioni del genere su Berlusconi, come su chiunque altro, avrebbe dovuto togliere il fascicolo dell'inchiesta. D'altra parte a me lo levò per molto meno e senza esitazioni...»
Si è ritenuto opportuno ricordare l'episodio perché da un esame della intera trasmissione - e non del solo stralcio riportato in atto di citazione/querela dell'on. Di Pietro - le affermazioni del deputato Berlusconi risultano essere state parzialmente decontestualizzate. Si ritiene rilevante portare a conoscenza dei colleghi la complessiva dichiarazione del deputato Berlusconi a «Porta a Porta».
Infatti dopo il passaggio - riportato in querela - «il signor Di Pietro non è solo un uomo che mi fa orrore, perché non rispetta gli altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando delle vite degli altri cittadini, è un assoluto bugiardo..» l'on. Berlusconi viene interrotto dal conduttore Bruno Vespa che afferma «scusate, per piacere due precisazioni. La prima, presidente siccome Di Pietro la porterà in giudizio lei si assumerà ...ovviamente tutta la responsabilità. La seconda cosa, come lei sa, i pubblici ministeri erano molto influenti durante mani pulite, ma gli ordini di cattura li firmavano i Gip.....»
Dopo questa interruzione il deputato Berlusconi ha proseguito nella illustrazione del concetto che stava illustrando, «.. beh, erano tutti della stessa....scusi.... e qua.... scusi viene fuori una (non si capisce, pare "distinzione" o "distinguo" n.d.r.)...io non abbandonerò la politica fino a quando un cittadino italiano, accusato giustamente o ingiustamente di un reato non abbia la certezza entrando in un'aula di un tribunale di non dover guardare col batticuore il giudice per vedere se ha la faccia del giudice coraggioso perché oggi soltanto un giudice coraggioso può resistere al teorema accusatorio di un pubblico ministero, da cui quel giudice dipende, per la prevalenza che i pubblici ministeri hanno assunto in certe procure, perché la carriera del giudice, gli spostamenti di sede i suoi avanzamenti di carriera dipendono da queste commissioni. E allora bisogna arrivare a una riforma dell'ordinamento giudiziario in cui gli accusatori siano reclutati con diversi concorsi, abbiano una diversa carriera, lavorino in immobili diversi e lontani da quelli dove lavorano i giudici, per fissare un appuntamento con un giudice debbano telefonargli, chiedergli l'appuntamento, andare bussare la porta entrare col cappello in mano esattamente come fanno oggi gli avvocati della difesa. Solamente quando avremo la parità tra avvocati della difesa e pubblici accusatori potremo dire di avere in italia un processo giusto e potremo dire di aver assicurato ai cittadini italiani una giustizia di cui non avere paura....»
Con questa integrazione l'intervento dell'on. Berlusconi acquista, nel suo complesso, una valenza chiaramente politica. Partendo dalla vicenda universitaria del «suo» ex-pubblico ministero e oggi collega parlamentare on. Di Pietro, affronta il tema della necessità della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, tema questo oggetto del programma elettorale della formazione guidata dal deputato Berlusconi e più volte oggetto di interventi nella sua pregressa attività politico-parlamentare.
In questo contesto - che può certamente essere stato influenzato dal «vissuto» personale - la espressione «non è solo un uomo che mi fa orrore, perché non rispetta gli altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando delle vite degli altri cittadini» appare espressione riconducibile all'alveo delle opinioni politiche sull'«avversario» Di Pietro, diventato leader di un partito antagonista, acerrimo oppositore in aula e fuori dell'aula, del Berlusconi uomo e Berlusconi Politico.
È evidente altresì il riferimento alla vicenda «Mani Pulite» e all'elevato numero di persone inquisite o arrestate dal «Pool» di cui il medesimo Di Pietro faceva parte, ma, poi, risultate estranee ai fatti, dopo anni di calvario giudiziario e l'esplicito intento del deputato-candidato Berlusconi a ricordare gli aspetti più drammatici di quella vicenda e di uno dei suoi protagonisti, al fine di sottrarre a lui, ed ottenere per sé il consenso dei cittadini, finalizzato ad una riforma dell'ordinamento giudiziario di cui tratteggia sommariamente i caratteri generali..
Si ritiene sussistente dunque la relazione indiretta con la attività politico-parlamentare precedente e successiva alla dichiarazione, avvenuta in un contesto televisivo assimilabile ad un comizio o ad un dibattito.
Dobbiamo ora chiederci se anche l'espressione che formula dubbi sulla «validità» della laurea dell'on. Di Pietro possa ritenersi coperto da insindacabilità ex articolo 68, primo comma, della Costituzione e articolo 3, comma 1, L. 140 del 2003.
Occorre per prima cosa rilevare che il deputato Berlusconi non ha parlato di «falsità» della laurea di Di Pietro - come erroneamente riportato da qualche titolo di stampa - ma ne ha messo in dubbio la «validità» Egli infatti dice «...pensi che non ha nemmeno una laurea valida...».
Con questa espressione sembra esprimere un proprio soggettivo giudizio negativo sulla qualità della preparazione universitaria del collega Di Pietro, allo scopo di distrarre i cittadini dall'orientare verso di lui il proprio consenso.
Illustra dunque il proprio pensiero sulla «non affidabilità» (politica visto che si era in campagna elettorale) dell'avversario ipotizzando che il suo percorso formativo - per le modalità in cui risulterebbe essersi svolto - non possa essere stato ottimale.
Ipotizza quindi, alla luce delle pur accertate risultanze documentali, che egli possa essere stato, in qualche modo agevolato dall'azione di non meglio identificati «servizi» che si sarebbero (essi «servizi» e non lui, Di Pietro) adoperati - pare di capire autonomamente - in tal senso presso i "professori" dell'Università.»...«...quindi la sua è una cosiddetta laurea dei servizi, che i servizi hanno chiesto ai professori dell'università...»
A leggere bene la dichiarazione quindi egli non «afferma» ma «ipotizza» una personale spiegazione di quel curriculum così brillante - sul piano documentale - ma al tempo stesso così opaco su taluni aspetti non rilevanti giuridicamente ma certamente passibili di valutazione politica da parte di un avversario, sotto il profilo della messa in discussione della trasparenza complessiva del competitore.
L'argomento «periodo universitario» dell'on. Di Pietro è oggetto - da sempre - di curiosità e inchieste. La ricostruzione dell'iter universitario del leader dell'IDV è stata verosimilmente ripresa da Berlusconi dal libro di Filippo Facci del 1997 il cui autore non sarebbe mai stato querelato.
In questo, ma anche in altri documenti, sono formulati i medesimi dubbi esposti dal deputato Berlusconi. Già non è usuale che un giovane studente lavoratore fuori sede, già coniugato e con prole, compia un percorso universitario con ottimi risultati in tempi simili a quelli dell'on. Di Pietro. È poi sempre apparso singolare, a molti e tra questi evidentemente anche al deputato Berlusconi, il fatto che nonostante numerose inchieste giornalistiche, non sembra siano stati mai identificati - o dallo stesso Di Pietro indicati - «colleghi» di studi o di esami, nonostante il fatto che egli sia divenuto nel frattempo una celebrità a livello mondiale! O non risultino essere mai state pubblicate o divulgate dal diretto interessato fotografie del fatidico momento della discussione della tesi e/o della consegna del diploma, momenti, questi, topici nella vita di qualsiasi persona, come il matrimonio, la nascita o il battesimo di un figlio, piuttosto che la vincita di un importante premio sportivo o letterario!
Che dubbi sul «cursus honorum» dell'on. Di Pietro sussistano, tutt'oggi, anche in ambienti esterni alla politica, è ulteriormente esemplificato dalla uscita, il 3 giugno u.s, di un articolo di Marco Imarisio in prima pagina del Corriere della Sera, dall'emblematico titolo «Silenzi e ambiguità dell'Onorevole Di Pietro» dove tra l'altro si affronta la «vexata quaestio» del periodo universitario del querelante e dei presunti rapporti con i servizi segreti
Scrive Imarisio «...ad anni alterni torna fuori, tra dubbi e ironie, il suo personale tour de force per laurearsi in legge alla Statale di Milano. La tesi venne discussa nel 1978. Il giovane Di Pietro ci arrivo sostenendo 22 esami in 32 mesi, compresi "mattoni" quali diritto privato, pubblico e amministrativo. L'istituto di presidenza della facoltà confermò a suo tempo che tutto era in regola. Ma le illazioni, falsità di vario genere sono proseguite, nel silenzio del diretto interessato, al quale basterebbe poco per mettere a cuccia di detrattori...»
L'autore non specifica cosa intenda per quel «poco» ma implicitamente, sembra non convinto dalle spiegazioni fin qui fornite.
Nel citato articolo vi è anche un riferimento alla questione «servizi». Imarisio osserva che «...l'alone di mistero che grava su alcuni punti della biografia dell'ex magistrato nuoce non solo a lui a anche alle sue opere. «vogliono infangare Mani Pulite« ripete ogni volta che vengono pubblicati articoli che riesumano i presunti legami con i servizi segreti italiani e americani. Può essere. Ma certi silenzi, come quello sulla surreale vacanza alle Seychelles durante la quale l'allora neo magistrato scrisse un dossier di 172 pagine su Francesco Pazienza che poi finì nelle mani dei servizi segreti italiani, non aiutano. E neppure certe dimenticanze sui viaggi americani, ultimo in ordine di tempo quello fatto in compagnia dell'ex amico Mario Di Domenico. Dopo la recente pubblicazione di una foto che lo ritraeva con i dirigente del Sisde Bruno Contrada, il corriere lo invitò ad un confronto sul tema. Risposta non pervenuta. Sono dettagli omissioni probabilmente ininfluenti. Ma portano ramoscelli da ardere a chi sostiene l'inverosimile tesi che Mani Pulite sia stata guidata a tavolino dall'intelligence Usa...»
Va ricordato - per completezza di esposizione - che il giorno successivo, il 4 giugno 2010, sullo stesso giornale, l'on. Di Pietro ha replicato riaffermando le proprie ragioni, negando l'esistenza di alcuna anomalia nel suo percorso universitario e richiamando una sentenza di condanna del sen. Boso che esclude la sua appartenenza ai Servizi.
Occorre aggiungere che l'ipotesi dell'esistenza di un intreccio di potere tra PM, PG e Servizi venne da molti formulata negli anni immediatamente successivi all'inizio di Mani Pulite.
Tra i tanti ricordiamo il Prof. Giuseppe De Rita, allora presidente del CNEL, che il 12 settembre 1996 ebbe a dichiarare al Tempo di Roma «...da Tangentopoli e dalla vicenda mafiosa stiamo uscendo con un apparato di potere costituito dall'intreccio tra pubblici ministeri, polizia giudiziaria e forse servizi segreti, incontrollabile ed incontrollato che ci deve preoccupare»..e la dott.ssa Tiziana Parenti - già membro del Pool Mani Pulite - che il 13 settembre 1996, al «Giornale» denunciò una ipotetica «...connessione di potere tra magistrati, polizia e servizi è ormai un potere contro lo stato di fronte al quale il cittadino è indifeso, tanto più se vengono usati i pentiti...» E ancora, Il 26 ottobre su «il Foglio» Enzo Bettiza, tra l'altro, osservò che «...l'Italia è l'unico Paese occidentale ...in cui magistrati, procure, corpi separati appaiono sempre più impegnati in una guerriglia intestina che scompiglia ordinamenti e gerarchie della stessa magistratura e crea la più grande confusione nella mente e nel giudizio dei cittadini. Dove la giustizia ...surroga a un dato momento le competenze degli organi legislativi ed esecutivi...può diventare fonte di ingiustizia e di arbitrio giacobino. È questo che in parte è accaduto e sta accadendo in Italia..»
In un contesto del genere, appare plausibile che l'on. Berlusconi possa essersi formata una sua opinione politica circa la possibile interferenza - antecedente, e/o successiva - di non meglio identificati «Servizi» nella straordinaria carriera, anche universitaria, dell'on. Di Pietro, e che abbia quindi ritenuto funzionale al proprio mandato di parlamentare e di candidato comunicare tale suo convincimento al corpo elettorale, al fine di orientarne il consenso verso di se, e sottrarlo ad un avversario ritenuto poco preparato, non pienamente trasparente circa il proprio passato, e fautore di tesi opposte alle proprie circa il tema della riforma della Giustizia.
Quanto sopra porta a ritenere insindacabili ex articolo 68 Cost. e articolo 3 L. 20 giugno 2003, n. 140 le opinioni dell'on. Berlusconi circa la «validità» della laurea dell'on. Di Pietro, essendo evidente che egli non intendesse riferirsi alla «esistenza fisica» del titolo - manifestamente innegabile - ma alla sua effettiva corrispondenza ad un iter formativo serio e puntuale, ritenuto non credibile per le ragioni esposte e che potrebbe, quindi, essere stato in qualche modo favorito da non meglio precisati apparati di intelligence, per ragioni o scopi ignoti, anche e perfino, in ipotesi, ad insaputa del medesimo Di Pietro (... la sua è una cosiddetta laurea dei servizi,
Appare dunque sussistente il nesso funzionale tra l'opinione espressa e l'esercizio extra moenia della funzione parlamentare.
Soccorre in questa convinzione una recente sentenza del tribunale di Milano che in un caso assimilabile ha osservato «...in tema di dichiarazioni rese nel corso di una trasmissione televisiva, l'ampiezza della lettera dell'articolo 3 L. 20 giugno 2003, n. 140 in stretta relazione con il dettato delle prerogative parlamentari di cui all'articolo 68, comma 1 cost. consente di ritenere che le valutazioni, pur macroscopicamente lesive della reputazione del procuratore C. ad una valutazione esterna ed oggettiva delle espressioni utilizzate possano rientrare nell'ambito di quel lato spazio libero di critica politica consentito ai membri del Parlamento nell'esercizio delle proprie funzioni. Esse risultano dunque coperte da assoluta insindacabilità da parte della autorità giudiziaria...l'ampiezza dell'ambito applicativo della normativa richiamata è tale da consentirvi il confluire di manifestazioni di opinioni politiche e di valutazioni critiche di denuncia politica connesse alla funzione parlamentare, ancorché effettuate all'esterno del Parlamento e prive di un diretto ed esclusivo nesso funzionale ad atti politici in senso stretto» (tribunale Milano, Sez. VI, 16.11.2007).
La Giunta quindi, con due distinte votazioni (una riferita alla trasmissione Porta a Porta del 10 aprile 2008 - due procedimenti - e una relativa al comizio del 26 marzo 2008), ha deliberato a maggioranza e con un'astensione di proporre all'Assemblea di decidere che i fatti oggetto dei procedimenti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Luca Rodolfo PAOLINI, relatore
ALLEGATO 1
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, [espone] che il lavoro riprende con 4 domande di insindacabilità, su cui intende rendere comunicazioni e individuare i relatori.
Anzitutto è pervenuta dal tribunale civile di Roma una domanda di deliberazione in ordine ad una controversia tra Antonio Di Pietro, attore, e Silvio Berlusconi, convenuto. Quest'ultimo ha eccepito l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione ma il giudice non ha ritenuto di accogliere l'eccezione ed ha pertanto trasmesso gli atti. Nomina relatore Luca Paolini.
[...]
(Esame e rinvio).
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, espone sinteticamente i fatti che hanno dato origine ai procedimenti, l'uno avvenuto nella trasmissione televisiva Porta a porta (che ha dato luogo a due processi, uno civile e uno penale) e l'altro in un comizio pubblico durante la campagna elettorale del 2008. Si tratta dell'affermazione per cui la laurea conseguita da Antonio Di Pietro non sarebbe autentica. Sebbene sia a conoscenza che sulla questione in passato vi è stata una polemica, ripresa anche dai giornali, riterrebbe utile ascoltare l'avviso degli altri componenti prima di avanzare una proposta. Chiede loro anche di esprimersi in ordine a due ipotesi preliminari: per un verso, la possibilità di esperire il consueto tentativo di conciliazione; per l'altro, la reiterazione dell'invito all'on. Berlusconi di comparire innanzi al collegio o comunque di inviare una memoria corredata di atti istruttori.
Federico PALOMBA (IdV) si dichiara contrario a ogni rinvio. Spera che la Giunta non voglia temporeggiare su un episodio che non merita altri approfondimenti. Mancano, all'evidenza, proposte di legge, emendamenti, interrogazioni o altri atti tipici del mandato che possano fondare un collegamento funzionale rilevante ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Jole SANTELLI (PdL), interrompendo, rileva che sarebbe ben difficile per il Presidente del Consiglio presentare un'interrogazione parlamentare.
Federico PALOMBA (IdV) ribatte che al tempo dei fatti Silvio Berlusconi era deputato senza altri incarichi. Prenderebbe la decisione di un rinvio come l'ulteriore conferma che la maggioranza è tesa solo a provvedimenti ad personam volti a consentire al suo leader ogni violazione di regole. Già sussistono provvedimenti giurisdizionali di condanna rispetto ad altri soggetti che ebbero ad affermare la falsità del certificato di laurea di Antonio Di Pietro e quindi chiede che si voti celermente nel senso della sindacabilità proprio come si è fatto a carico del deputato Zazzera.
Jole SANTELLI (PdL) sottolinea, viceversa, che la questione del conseguimento del titolo di studio da parte di Antonio Di Pietro è tutta calata nella battaglia politica di Forza Italia della seconda metà degli anni '90, anche sulla scorta dell'eco suscitata da un libro, che le risulta non essere mai stato oggetto di smentita, pubblicato all'epoca dal giornalista Filippo Facci. D'altronde, che la politica giudiziaria sia stata un terreno di polemica, aspra e reciproca, è fatto notorio. Non si opporrebbe al rinvio chiesto dal relatore ma preannunzia sin d'ora la sua propensione per l'insindacabilità.
Pierluigi MANTINI (UdC) sostiene che il caso in titolo rientra nel corpo a corpo in atto da troppi anni tra Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi, ciò che finisce a suo avviso per danneggiare più il secondo che il primo. Crede opportuno che il deputato Berlusconi presenti le prove che ha sulla falsità della laurea del collega Di Pietro - se ne ha - nelle opportune sedi giudiziarie. Altrimenti si tratterebbe dell'attribuzione di un fatto determinato che esulerebbe da qualsiasi contesto dialettico e parlamentare e ben differente dalla semplice espressione di un'opinione politica. Non si oppone comunque alla richiesta di rinvio avanzata dal relatore.
Anna ROSSOMANDO (PD) invita la Giunta a stare ai fatti. Sul tavolo è un'accusa precisa e circostanziata di una persona nei confronti di un'altra, non suffragata da alcun elemento probatorio e anzi contraddetta da una precedente pronunzia giurisdizionale a carico del senatore Boso. L'insindacabilità qui avrebbe il sapore della concessione dell'immunità a tutti i costi. Pur essendo, dunque, il fatto di semplicità disarmante, non si dichiara contraria al rinvio richiesto.
Giuseppe CONSOLO (PdL) dà atto al deputato Palomba di esprimersi con lessico e sintassi sempre corretti e con logica rigorosa. Per questo non dubiterebbe mai del fatto che egli si sia laureato, ciò che è confermato del resto dalla sua ampia cultura. Non è tuttavia sempre così: può capitare di domandarsi, ascoltando frasi o interviste connotate da zoppia grammaticale, se l'oratore sia davvero in possesso dei titoli vantati e chi eventualmente glieli abbia conferiti.
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, prega il collega Consolo di non trascendere, per tutelare la dignità dei lavori della Giunta e per evitare di porre i presupposti per un giurì d'onore.
Giuseppe CONSOLO (PdL), riprendendo il suo intervento, chiarisce che intende semplicemente far riferimento a quelle frasi, che appartengono alla retorica espressiva, come 'chi ti ha dato la laurea?'. Forse il Presidente del Consiglio intendeva manifestare iperbolicamente la sua meraviglia per talune note peculiarità linguistiche dell'eloquio dell'on. Di Pietro.
Donatella FERRANTI (PD) deve dissentire. Letta la trascrizione delle dichiarazioni dell'on. Berlusconi contestate nell'atto di citazione civile, rimarca che si tratta di accuse precise e circostanziate da elementi di contorno che escludono l'intento dubitativo. Il deputato Berlusconi troppo spesso si lascia andare ad accuse gratuite e fuori luogo, non consone al suo ruolo e, nell'occasione, persino il conduttore Vespa (solitamente così ossequioso nei suoi confronti) ha dovuto pronunciare frasi di cautela e comunque dissociarsi dalle responsabilità che inevitabilmente sarebbero derivate dal ragionamento svolto in trasmissione dall'attuale Presidente del Consiglio. Si dichiara contraria al rinvio e voterà per la sindacabilità.
Maurizio TURCO (PD) crede che ci si trovi di fronte a un caso evidente di sindacabilità. L'unico rinvio a cui non si opporrebbe è quello volto a tentare la conciliazione stragiudiziale.
Marilena SAMPERI (PD), riservandosi comunque di svolgere una più compiuta dichiarazione di voto, se a tale fase si arriverà, sottoscrive le osservazioni della collega Ferranti in ordine all'episodio avvenuto nella trasmissione Porta a porta ma considera giovevole un rinvio al fine di verificare le possibilità di una conciliazione.
Maurizio PANIZ (PdL) osserva che quando la conflittualità tra due personalità politiche viene enfatizzata fino all'esasperazione, con le ossa rotte non escono i protagonisti dello scontro ma il Parlamento tutto. Il messaggio mediatico di sterile contrapposizione e inimicizia non porta buoni risultati. Fermo restando che in definitiva la legge dei numeri ha il suo peso anche nelle deliberazioni di insindacabilità, fa appello al deputato Palomba affinché si possa trovare una composizione bonaria della vicenda, tenuto soprattutto conto che si trattava di frasi dette in campagna elettorale e dunque con toni più accesi del consueto. Da parte sua, si adopererà per quel che gli compete affinché si giunga a una conclusione che eviti alla Giunta la difficoltà della deliberazione.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), replicando, prende atto della volontà di procedere al tentativo di composizione stragiudiziale delle controversie e insiste per il rinvio dell'esame.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, con il solo dissenso del deputato Palomba, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da tenersi nella seconda settimana del mese di giugno.
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, comunica che in data 10 giugno 2010 il collega Palomba gli ha indirizzato una lettera di sollecito dell'esame delle richieste in titolo, lettera che peraltro è stata spedita anche al Presidente della Camera, il quale a sua volta gli ha chiesto elementi informativi. Al riguardo, ricorda che si era giunti a ipotizzare un tentativo di conciliazione stragiudiziale tra le parti, motivo per cui era stato disposto un rinvio.
Maurizio PANIZ (PdL) si è consultato con il difensore dell'on. Berlusconi e questi ha condizionato la sua disponibilità a una soluzione stragiudiziale alla definizione complessiva delle pendenze tra i due esponenti parlamentari, mediante la reciproca remissione delle querele, sia quelle dell'on. Di Pietro nei confronti del Presidente del Consiglio sia quelle di quest'ultimo nei confronti del primo. Tali reciproche rinunzie ai contenziosi non sembrano a portata di mano, sicché si impone l'esame delle domande in titolo.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, precisa che non sono assegnate alla Giunta domande di deliberazione in materia di insindacabilità da parte dell'on. Di Pietro per iniziative giudiziarie dell'on. Berlusconi.
Federico PALOMBA (IdV) fa presente che l'on. Di Pietro era disponibile a una conciliazione che portasse a devolvere gli importi risarcitori da lui richiesti a enti benefici, ma questa proposta è caduta nel vuoto.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, si diffonde sui fatti oggetto delle cause in titolo: si tratta delle affermazioni dell'on. Berlusconi nella trasmissione Porta a porta del 10 aprile 2008, e altre, simili seppure non identiche, asseritamente pronunciate dal medesimo durante un comizio a Viterbo il 28 marzo 2008. Entrambi gli episodi sono accaduti in piena campagna elettorale 2008, che vedeva il deputato Berlusconi candidato alla Camera e indicato per la carica di Presidente del Consiglio. A suo avviso, l'episodio può collocarsi nella contrapposizione tutta politica tra i due protagonisti che risale alla metà degli anni '90. Ritenuto che la scintilla della tenzone possa essere individuata nella famosa frase dell'allora pubblico ministero Antonio Di Pietro «vado io in dibattimento, quello lo sfascio», ricorda le numerose prese di distanza dal dott. Di Pietro da parte di autorevoli personaggi quali Leo Valiani e Tiziana Parenti.
Espone che l'effettivo e completo tenore delle dichiarazioni dell'on. Berlusconi a Porta a porta fu - come risulta dalla trascrizione: «il signor Di Pietro non è solo un uomo che mi fa orrore, perché non rispetta gli altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando delle vite degli altri cittadini, è un assoluto bugiardo...» (...) «scusate, per piacere due precisazioni. La prima, presidente siccome Di Pietro la porterà in giudizio lei si assumerà ...ovviamente tutta la responsabilità. La seconda cosa, come lei sa, i pubblici ministeri erano molto influenti durante mani pulite, ma gli ordini di cattura li firmavano i Gip...». (...) «.. beh, erano tutti della stessa....scusi.... e qua.... scusi viene fuori una (...) ...io non abbandonerò la politica fino a quando un cittadino italiano, accusato giustamente o ingiustamente di un reato non abbia la certezza entrando in un'aula di un tribunale di non dover guardare col batticuore il giudice per vedere se ha la faccia del giudice coraggioso perché oggi soltanto un giudice coraggioso può resistere al teorema accusatorio di un pubblico ministero, da cui quel giudice dipende, per la prevalenza che i pubblici ministeri hanno assunto in certe procure, perché la carriera del giudice, gli spostamenti di sede i suoi avanzamenti di carriera dipendono da queste commissioni. E allora bisogna arrivare a una riforma dell'ordinamento giudiziario in cui gli accusatori siano reclutati con diversi concorsi, abbiano una diversa carriera, lavorino in immobili diversi e lontani da quelli dove lavorano i giudici, per fissare un appuntamento con un giudice debbano telefonargli, chiedergli l'appuntamento, andare bussare la porta entrare col cappello in mano esattamente come fanno oggi gli avvocati della difesa. Solamente quando avremo la parità tra avvocati della difesa e pubblici accusatori potremo dire di avere in Italia un processo giusto e potremo dire di aver assicurato ai cittadini italiani una giustizia di cui non avere paura...».
Crede che tali affermazioni rientrino saldamente nell'alveo del dibattito parlamentare di questi anni - specialmente per quel che concerne la riforma della giustizia - e che quindi debba essere riconosciuta l'insindacabilità. Ciò non è a suo avviso inficiato dal riferimento alla laurea del deputato Di Pietro, dato che la frase esatta al proposito era «pensi che non ha nemmeno una laurea valida». Non si tratta quindi della contestazione dell'esistenza materiale del titolo di studio ma di un giudizio sulla sua sostanziale consistenza scientifica. Viene messo in dubbio il percorso formativo, giudicato troppo rapido, nel quale l'on. Di Pietro avrebbe sostenuto gli esami di profitto. Né questa vicenda è passata inosservata sulla stampa. Non vi sono soltanto due edizioni del libro di Filippo Facci - che Di Pietro non ha querelato - nelle cui pagine sono riportate ipotesi circa l'aiuto che nel conseguire il diploma lo stesso Di Pietro avrebbe ricevuto dai servizi di informazione: v'è di recente l'articolo di Marco Imarisio sul Corriere della Sera. Citata poi una sentenza del tribunale di Milano del novembre 2007, che riconosce all'insindacabilità parlamentare un ampio ambito applicativo, conferma la sua proposta di accoglimento della domanda dell'on. Berlusconi.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, poiché stanno per avere inizio votazioni nominali in Assemblea, crede opportuno un rinvio del seguito dell'esame.
Federico PALOMBA (IdV) si rammarica dell'intervenuta inversione dell'ordine del giorno: avrebbe gradito che esso fosse rispettato e che - verificata la lunghezza dell'audizione dell'ex collega Pecoraro Scanio - si fosse proceduto a rimandarne quanto meno l'ultima parte, non solo per consentire ulteriori domande ma anche per passare più celermente alla relazione del collega Paolini.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, fa presente che ben difficilmente il tempo impiegato nell'audizione dell'ex collega Pecoraro Scanio avrebbe consentito, se dedicato alle domande in titolo, di concluderne l'esame nella seduta odierna.
La seduta termina alle 10.15.
(Seguito dell'esame congiunto e conclusione).
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, avverte che la deputata Samperi (la quale è oggi assente perché infortunata e cui augura un pronto ristabilimento) chiede che rimanga agli atti che nella seduta del 19 maggio 2010 ella aveva chiesto che fosse reiterato l'invito all'on. Berlusconi a comparire. Il relatore Paolini, dal canto suo, con riferimento alla seduta del 16 giugno 2010 chiede che sia precisato che egli non ha attribuito al libro di Filippo Facci l'ipotesi dell'aiuto dei servizi d'informazione all'on. Di Pietro per il conseguimento della laurea bensì ha sostenuto che tale ipotesi sia stata dedotta dall'on. Berlusconi dal libro di Facci.
La Giunta prende atto.
Pierluigi MANTINI (UdC) trova poco convincenti gli argomenti proposti dal relatore. Sebbene il tema della laurea dell'on. Di Pietro sia stato oggetto di varia letteratura, in definitiva ciò che l'on. Berlusconi gli ha imputato ha rilevanza penale e ciò non rientra nella prerogativa parlamentare dell'insindacabilità. Quest'ultima non può essere intesa come una zona franca per qualsiasi colpo basso. Voterà per la sindacabilità.
Donatella FERRANTI (PD) crede che l'on. Berlusconi abbia superato ogni limite, ledendo un diritto della personalità di un soggetto determinato. Lo sforzo argomentativo del relatore, per quanto lodevole e impostato su un inquadramento assai ampio della vicenda, che lo ha portato a muovere la sua ricostruzione sin dai lontani anni '90, tuttavia non tiene conto delle modalità espressive usate dall'on. Berlusconi e dalle quali persino Bruno Vespa si è dovuto dissociare. Sottolineato che la laurea dei parlamentari non può mai costituire oggetto di polemica politica, si dichiara contraria alla proposta del relatore.
Maurizio PANIZ (PdL) annunzia il voto favorevole, suo e del suo gruppo, all'apprezzata proposta del relatore.
Federico PALOMBA (IdV), ringraziato il Presidente per la saggia conduzione del difficile dibattito, constata come, da un lato, il relatore abbia dovuto svolgere la parte di chi è costretto a una difesa d'ufficio imbarazzata e connotata da elementi argomentativi modesti nella quantità e scarsamente rilevanti e, dall'altro, i colleghi della maggioranza si sono acconciati in via pregiudiziale a tale difesa d'ufficio. Si è accusato l'on. Di Pietro di aver falsificato la laurea, ciò che è assai grave per un soggetto che ha superato ben due concorsi pubblici per i quali tale titolo era presupposto necessario. Riprendendo quanto già affermato dal collega Paniz in una precedente seduta, constata che in effetti la Giunta e il Parlamento nel loro insieme escono con le «ossa rotte» dall'odierno dibattito, in cui contano solo i numeri della maggioranza, tanto più alla luce dell'incoerente esito della discussione sul caso del collega Zazzera. Voterà per la sindacabilità.
Antonio LEONE (PdL) non si considera affatto partecipe di una difesa d'ufficio: crede che tutti i deputati siano ancora capaci di convinzioni personali e non sono, come implica il ragionamento del collega Palomba, meri esecutori di ordini. Forse il collega Palomba parlava pensando alla sua situazione personale.
Federico PALOMBA (IdV) precisa che non intendeva offendere alcuno ma solo sottolineare le dinamiche interne alla Giunta.
Maurizio TURCO (PD) voterà contro la proposta del relatore ma non condivide gli argomenti ascoltati dai colleghi Ferranti e Palomba.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), relatore, sottolinea che la sua relazione è stata il frutto di un lavoro di ricerca, in esito al quale ha inserito la vicenda oggetto dei procedimenti in titolo in un ampio contesto politico-elettorale. D'altronde il ruolo dei servizi d'informazione nella storia repubblicana si è intersecato spesso con le vicende più buie, quali il golpe Borghese, le diverse stragi degli anni '70 e altre. Chiede comunque che sia allegata ai resoconti della seduta odierna la versione scritta della sua relazione.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, lo consente.
Anna ROSSOMANDO (PD) trova gli ultimi rilievi del relatore addirittura peggiorativi della sua proposta: sembrerebbe volersi associare il conferimento della laurea all'on. Di Pietro allo stragismo degli anni '70 e alle operazioni mai chiarite di taluni settori dei servizi d'informazione. Non può che votare per la sindacabilità.
Pierluigi CASTAGNETTI, presidente, espresso l'auspicio che la Giunta in futuro sappia deliberare a prescindere dagli schieramenti politici, riconoscendo con onestà intellettuale quando l'opinione politica debordi in insulto e diffamazione, avverte che porrà ai voti la proposta d'insindacabilità sui fatti oggetto dei tre casi in titolo.
Maurizio PANIZ (PdL) respinge l'addebito, ricordando ad esempio le posizioni assunte dal suo gruppo nei casi Margiotta, Fassino e Guzzanti.
La Giunta, con due distinte votazioni, approva a maggioranza - e con l'astensione del deputato Cesario - le proposte del relatore di dichiarare i fatti oggetto dei procedimenti in titolo insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione e conferisce al deputato Paolini l'incarico di predisporre le relazioni per l'Assemblea in tal senso.
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