Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una domanda di insindacabilità parlamentare, avanzata dal deputato Nino LO PRESTI, proclamato membro della Camera dei deputati della legislatura in corso il 23 aprile 2008, per la circoscrizione Sicilia 1.
La domanda si riferisce a fatti oggetto di un procedimento civile originato da una citazione per danni avanzata nei suoi confronti dall'avvocato Grazia Volo, per il tramite della sua patrocinante Anna Sistopaoli. Il danno del quale si chiede il risarcimento è fissato nell'atto di citazione in via equitativa in 200 mila euro e deriverebbe da una pretesa diffamazione.
La Giunta per le autorizzazioni ha esaminato la questione nella seduta del 27 giugno 2012, il cui resoconto si allega per completezza (All. 1). Ritualmente invitato a essere ascoltato, il deputato Lo Presti - convenientemente - non si è avvalso della facoltà (1).
(1) È infatti uso generalmente rispettato che membri della Giunta, i quali abbiano avuto un ruolo professionale nel procedimento giudiziario all'origine della questione all'esame (o in procedimenti connessi), non partecipino alla discussione e alla deliberazione. Per esempio, vedi le sedute della Giunta per le autorizzazioni dell'11 settembre 1997; 2 luglio 2002; 25 luglio 2002; 18 dicembre 2002; 25 gennaio e 1o febbraio 2006. L'opportunità dell'astensione è avvertita anche quando la deliberazione riguardi direttamente membri della Giunta: seduta del 26 settembre 2001 - on. Bielli; seduta dell'8 ottobre 2003 on. Mancuso; seduta del 27 giugno 2007 - on. Giovanardi; seduta del 9 febbraio 2011 - on. Belcastro.
Convenuta, insieme al collega Lo Presti, è la signora Liliana D'Angelo, imprenditrice di Trapani, dalla cui storia personale e lavorativa nasce tutta la vicenda.
Da quel che risulta dalle notizie di stampa disponibili per la Giunta, la signora D'Angelo ha indirizzato al presidente della Confindustria della Sicilia,
Ivan Lo Bello, una lettera nella quale ha denunziato di essere stata raggirata in una complessa serie di operazioni societarie. Questo raggiro sarebbe consistito nella cessione di quote di sue imprese a entità societarie riconducibili a due soggetti, l'ingegner Marcello Pacifico e il commercialista Gianluca Piredda entrambi operanti a Trapani.
L'operazione si sarebbe risolta poi in una pesante perdita patrimoniale per la D'Angelo la quale quindi si è determinata ad adire l'autorità giudiziaria sia in sede civile sia in sede penale, con precise e circostanziate denunzie. Tuttavia tali denunzie si sono sostanzialmente arenate presso la procura di Trapani. Di qui l'amarezza e il moto di ribellione della D'Angelo che ha scritto a Lo Bello, ipotizzando l'esistenza di un muro di silenzio eretto attorno alle sue problematiche, dovuto ad una rete di relazioni più o meno implicite nelle quali sarebbe, ad avviso della D'Angelo, coinvolta anche l'avvocato Volo.
Di tale vicenda si è avuta - come accennato - larga eco sui quotidiani locali, in particolare sulla Sicilia edizione di Trapani.
Proprio riprendendo le notizie di stampa, il deputato Lo Presti, il 15 febbraio 2012 ha presentato un'interrogazione a risposta scritta (la n. 14932, All. 2) con la quale ha chiesto se il Governo, nelle persone dei ministri Guardasigilli e dell'interno non avesse intenzione di assumere iniziative di carattere ispettivo presso gli uffici giudiziari di Trapani e comunque di quali informazioni disponesse in ordine al condizionamento di poteri forti o legati alla criminalità organizzata sull'imprenditoria locale.
È ovvio che il merito della vicenda appena sintetizzata non interessa l'esame della Camera dei deputati, restando evidentemente il compito di assegnare i torti e le ragioni nella vicenda imprenditoriale della signora D'Angelo rimesso all'autorità giudiziaria (nell'auspicio che questa si attivi).
È invece altrettanto ovvio che l'atto di citazione, che non casualmente ha scelto il foro di Roma, luogo della sede della Camera, come competente per la lite, ha per oggetto proprio l'interrogazione parlamentare del collega Lo Presti.
Nella pagina 6 della citazione per danni, infatti, si legge testualmente che «il deputato avvocato Antonino Lo Presti, recependo il contenuto della missiva in maniera acritica e senza esperire alcuna necessaria preventiva verifica, ha infatti irresponsabilmente ritenuto di poter presentare sinanche un'interrogazione parlamentare sulla vicenda, ove la lettera della D'Angelo è stata riassunta in maniera pressappochista [...]. L'interrogazione parlamentare, svolta dunque dinnanzi al maggior consesso del nostro Paese, dopo aver rappresentato un ruolo falso e diffamatorio dell'avvocato Volo nella vicenda, si conclude con un ulteriore gravissimo attacco all'esponente, atteso che il deputato ha interpellato tanto il Ministro della giustizia quanto il Ministro dell'interno».
Ne deriva che la parte attrice si duole proprio e in via esclusiva dell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Lo Presti ciò che evidentemente è del tutto precluso dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione (2).
(2) L'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle funzioni (articolo 68, primo comma, Cost.) deriva dalla tradizione parlamentare britannica e stabilisce la preclusione per gli altri poteri dello Stato di chiamare a rispondere un membro del Parlamento per ciò che ha affermato o per come ha votato in attuazione del suo mandato. Si tratta di una garanzia sostanziale, giacché impedisce giudizi di responsabilità e sanzioni giuridiche, sia sul piano penale, che su quello civile, amministrativo, disciplinare, contabile, ecc. La differenza che si registra è tra gli ordinamenti di derivazione anglosassone (per esempio Germania, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Canada), i quali disciplinano l'insindacabilità secondo il criterio spaziale (insindacabilità per opinioni espresse e voti dati nel Parlamento) e quelli di derivazione neo-latina (per esempio Francia, Italia e Spagna) che la disciplinano secondo il criterio funzionale (insindacabilità per opinioni espresse e voti dati nell'esercizio delle funzioni). Una diversità che si riscontra tra l'Italia e gli altri ordinamenti parlamentari è che l'insindacabilità nel nostro ordinamento è amministrata in prima battuta dal parlamento stesso (salvo il successivo intervento della Corte costituzionale), mentre in tutti gli altri sistemi - essendo una regola di diritto sostanziale - l'insindacabilità è giudicata direttamente dal giudice ordinario. Nel corso del 2000 e del 2001 si è affermato l'indirizzo «vivente» della Corte costituzionale in materia. Partendo dal presupposto che l'insindacabilità delle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni costituisce un'eccezione al principio generale della soggezione di tutti i cittadini alla giurisdizione esercitata secondo la legge, la Corte ha stabilito che di essa occorre dare un'interpretazione rigorosa e aderente alla ratio della disposizione costituzionale, che prevede un presidio a tutela della funzione e non una guarentigia personale di chi la ricopre. Alla luce di tale criterio sono sicuramente insindacabili gli atti tipici dell'attività parlamentare, anche perché essi sono svolti secondo le regole di correttezza formale ed espressiva dettate dai regolamenti parlamentari e fatte rispettare dai presidenti di Assemblea e di Commissione. Quelli invece svolti extra moenia sono insindacabili solo se e nella misura in cui siano «identificabili» come attività parlamentare, vale a dire abbiano una «corrispondenza sostanziale» di contenuto con atti parlamentari tipici. In buona sostanza, in tanto una dichiarazione resa alla stampa o in televisione può ritenersi attività prodromica o conseguente all'esercizio del mandato parlamentare in quanto sia fedele riproduzione all'esterno, e dunque divulgazione e rappresentazione, dei contenuti esatti di atti tipici - cd. teoria della divulgazione - (proposte di legge, atti di sindacato ispettivo, interventi nelle varie sedi parlamentari, eccetera: sentenze nn. 10, 11, 56, 58, 82, 320, 321 e 420 del 2000; 137 e 289 del 2001; 50, 51, 52, 79, 207, 270, 283, 294, 421, 435, 448, 508, 509 e 521 del 2002, nonché 219 e 379 del 2003 e 120 e 246 del 2004; 28, 146, 164 e 235 del 2005; 331, 335, 371 e 373 del 2006, 53 e 65, 166 e 271 del 2007, 334 del 2011 e 39 del 2012). Di rilievo sono anche le sentenze nn. 347 e 348 del 2004 nonché la sentenza n. 193 del 2005 e la 286 del 2006, le quali hanno ribadito l'irrilevanza dell'interrogazione presentata da parlamentari diversi da quello chiamato a rispondere. Con la sentenza n. 249 del 2006 la Corte ha affermato che il turpiloquio non è mai forma ammessa dell'esercizio delle funzioni.
La delibera d'insindacabilità, domandata dal collega Lo Presti, si appalesa dunque come un atto sostanzialmente dovuto. Non solo infatti il collega Lo Presti viene citato in giudizio per una tipica attività di raccolta del malumore sociale nel territorio della sua elezione e di rappresentanza rispetto al medesimo territorio ma addirittura viene ritenuto responsabile giuridicamente esclusivamente per il deposito dell'atto ispettivo. Si ritiene pertanto necessario che venga dichiarata l'insindacabilità dei fatti di causa.
Per questi motivi, all'unanimità, la Giunta propone all'Assemblea di dichiarare che i fatti in questione concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione e dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003.
Pierluigi CASTAGNETTI,
Presidente della Giunta per le autorizzazioni e relatore
ALLEGATO 1
Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente e relatore, in via preliminare constata che opportunamente il deputato Lo Presti in questo momento non è presente, conformemente a molti precedenti (ricorda, tra i tanti, quelli del 26 settembre 2001 inerente all'onorevole Bielli, dell'8 ottobre 2003 inerente all'onorevole Mancuso e, da ultimo, quello del 9 febbraio 2011 relativo all'onorevole Belcastro, allora anch'egli membro della Giunta).
La domanda in titolo (la documentazione relativa alla quale è in distribuzione) concerne una citazione per danni civili avanzata nei confronti del collega Lo Presti dall'avvocato Grazia Volo, per il tramite della sua patrocinante Anna Sistopaoli. Il danno del quale si chiede il risarcimento è fissato nell'atto di citazione in via equitativa in 200 mila euro. In realtà è convenuta, insieme al collega Lo Presti, anche la signora Liliana D'Angelo, imprenditrice di Trapani, dalla cui storia personale e lavorativa nasce tutta la vicenda. Da quel che risulta dalle notizie di stampa, la signora D'Angelo ha indirizzato al presidente della Confindustria della Sicilia, Ivan Lo Bello, una lettera nella quale ha denunziato di essere stata raggirata in una complessa serie di operazioni societarie. Questo raggiro sarebbe consistito nella cessione di quote di sue imprese a entità societarie riconducibili a due soggetti, l'ingegner Marcello Pacifico e il commercialista Gianluca Piredda, entrambi operanti a Trapani.
L'operazione si sarebbe risolta poi in una pesante perdita patrimoniale per la D'Angelo, la quale si è quindi determinata ad adire l'autorità giudiziaria sia in sede civile sia in sede penale, con precise e circostanziate denunzie. Tuttavia tali denunzie si sono sostanzialmente arenate presso la procura di Trapani. Di qui l'amarezza e il moto di ribellione della D'Angelo che ha scritto a Lo Bello, ipotizzando l'esistenza di un muro di silenzio eretto attorno alle sue problematiche, dovuto ad una rete di relazioni più o meno implicite nelle quali sarebbe, ad avviso della D'Angelo, coinvolta anche l'avvocato Volo.
Di tale vicenda si è avuta - come accennato - larga eco sui quotidiani locali, in particolare sulla Sicilia - edizione di Trapani. Proprio riprendendo le notizie di stampa, il deputato Lo Presti ha presentato il 15 febbraio 2012 un'interrogazione a risposta scritta (la n. 14932) con la quale ha chiesto se il Governo, nelle persone dei ministri Guardasigilli e dell'interno non avesse intenzione di assumere iniziative di carattere ispettivo presso gli uffici giudiziari di Trapani e comunque di quali informazioni disponesse in ordine al condizionamento di poteri forti o legati alla criminalità organizzata sull'imprenditoria locale. È ovvio che il merito della vicenda, appena sintetizzata, non interessa l'esame della Giunta, restando evidentemente il compito di assegnare i torti e le ragioni nella vicenda imprenditoriale della signora D'Angelo rimesso all'autorità giudiziaria.
È invece altrettanto ovvio che l'atto di citazione - che non casualmente ha scelto il foro di Roma, luogo della sede della Camera, come competente per la lite - ha per oggetto proprio l'interrogazione parlamentare del collega Lo Presti. Nella pagina 6 della citazione per danni, infatti, si legge testualmente che «il deputato avvocato Antonino Lo Presti, recependo il contenuto della missiva in maniera acritica e senza esperire alcuna necessaria preventiva verifica, ha infatti irresponsabilmente ritenuto di poter presentare sinanche un'interrogazione parlamentare sulla vicenda, ove la lettera della D'Angelo è stata riassunta in maniera pressappochista [...]. L'interrogazione parlamentare, svolta dunque dinnanzi al maggior consesso del nostro Paese, dopo aver rappresentato un ruolo falso e diffamatorio dell'avvocato Volo nella vicenda, si conclude con un ulteriore gravissimo attacco all'esponente, atteso che il deputato ha interpellato tanto il Ministro della giustizia quanto il Ministro dell'interno». Ne deriva che la parte attrice si duole proprio e in via esclusiva dell'interrogazione parlamentare dell'onorevole Lo Presti, ciò che evidentemente è del tutto precluso dall'articolo 68 della Costituzione.
La delibera d'insindacabilità, domandata dal collega Lo Presti, si appalesa dunque come un atto eminentemente dovuto. Non solo, infatti, il collega Lo Presti viene citato in giudizio per una tipica attività di raccolta del malumore sociale nel territorio della sua elezione e di rappresentanza rispetto al medesimo territorio, ma viene addirittura ritenuto responsabile giuridicamente esclusivamente per il deposito dell'atto ispettivo.
Crede pertanto necessario, in conclusione, che la Giunta proponga all'Assemblea di dichiarare che i fatti concernono un'opinione espressa da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Marilena SAMPERI (PD) concorda con la proposta del Presidente e relatore, rimarcando come, addirittura, in questo caso manchi ogni esternazione extra moenia del deputato Lo Presti, sicché la fattispecie in titolo si rivela come un caso scolastico di insindacabilità parlamentare.
Federico PALOMBA (IdV), associandosi alle considerazioni della collega Samperi, osserva come si tratti di un caso di attività parlamentare tipica oggetto di contestazione giudiziaria, ciò che in fondo è una rarità.
Pierluigi MANTINI (UdCpTP) voterà a favore della proposta del Presidente e relatore. È rimasto incuriosito dalla circostanza che l'atto di citazione nei confronti del deputato Lo Presti non venga da un quisque de populo, bensì da una professionista di grido: a suo avviso, potrebbero derivarne anche conseguenze disciplinari.
Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) voterà ovviamente a favore della proposta del Presidente e relatore, ma intende sottolineare come il clima dell'antipolitica ormai abbia travolto tutti gli istituti di garanzia parlamentare, tanto che un avvocato oggi si permette l'operazione intimidatoria e «locupletatoria» consistente nella richiesta di un risarcimento iperbolico persino a fronte di un atto tipico della funzione parlamentare.
Maurizio PANIZ (PdL) si associa alle considerazioni del collega Paolini e, rivolto al collega Mantini, osserva che, sebbene l'avvocato Volo sia un'affermata professionista, non può essere la Giunta a indicare percorsi ulteriori rispetto alla delibera d'insindacabilità, restando iniziative disciplinari rimesse ad altri soggetti.
Federico PALOMBA (IdV) soggiunge che, nondimeno, la lite intentata dalla parte attrice appare davvero temeraria.
Pierluigi MANTINI (UdCpTP) si associa.
Marilena SAMPERI (PD) osserva che, ove fosse stata eccepita in giudizio, l'insindacabilità sarebbe stata certamente dichiarata dal giudice.
La Giunta, all'unanimità, approva la proposta del Presidente, conferendogli l'incarico di predisporre la relazione per l'Assemblea.
ALLEGATO 2
LO PRESTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Giornale di Sicilia dell'11 febbraio 2012, edizione di Trapani, e La Sicilia del 10 febbraio 2012, edizione di Trapani, hanno riportato la notizia che una imprenditrice siciliana temeva per la sua sicurezza e che poteva essere vittima di «poteri forti» che avevano di fatto saccheggiato le sue aziende. In particolare così riferiva La Sicilia:
«sono vittima di poteri forti». È questa l'amara denuncia di Liliana D'Angelo, imprenditrice di Trapani, che in una lettera indirizzata al presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello racconta di essere stata vittima di una truffa e di non riuscire ad ottenere giustizia;
l'imprenditrice asserisce che nel 2009 ha stipulato un accordo di integrazione industriale - con un gruppo facente capo all'ing. Marcello Pacifico, imprenditore del settore dell'information technology, Gianluca Piredda, commercialista e socio della società di consulenza internazionale TMF consulting, e l'avv. Grazia Volo - avviato con la cessione del capitale della società GFTEL srl;
l'accordo, spiega D'Angelo, prevedeva l'impegno di Future Space di assumersi le passività dell'azienda;
«il 26 ottobre 2010 a mia insaputa - scrive D'Angelo - Pacifico, con la regia di Piredda, ha venduto le quote di GFTEL a due pregiudicati al prezzo di mille euro a fronte di un investimento per 800 mila euro. La manovra fraudolenta mi ha impedito di recuperare l'azienda ceduta poiché la società è stata nel frattempo svuotata di ogni attività in favore di Future Space. La vendita ha prodotto una fittizia perdita del capitale della Future Space, consentendo a Pacifico e Piredda di azzerare il capitale e di estromettermi dalla società»;
l'imprenditrice, che ha presentato due esposti a Trapani e a Roma, aggiunge di avere anche subito pesanti minacce e avanza dure critiche sulla gestione delle indagini;
«mi ero rivolta alla Procura di Trapani - scrive - pensando che avrei trovato un canale privilegiato ed invece mi sono trovata di fronte il muro del silenzio»;
le persone coinvolte nella presunta azione delittuosa perpetrata ai danni della sig.ra D'Angelo e in particolare il sig. Marcello Pacifico, sembrerebbero essere le stesse nei confronti delle quali indagavano i magistrati nell'ambito della inchiesta Why Not. Più specificatamente, il dott. De Magistris attuale sindaco di Napoli, estromesso poi dalle indagini e sottoposto addirittura a procedimento disciplinare da parte del CSM, sosteneva di avere individuato una nuova P2, con il potere di penetrazione nello Stato dall'interno e che ha il volto di diverse società alle quali stava risalendo, dipanando il bandolo della matassa affaristico-massonica che coinvolge anche la politica e la criminalità organizzata (si veda Il sole 24 ore del 10 dicembre 2008);
«una rete di soggetti» - dichiarava De Magistris testualmente il 3 gennaio del 2008 ai colleghi di Salerno - «che all'interno delle istituzioni erano in grado di influire ad ogni livello con collusioni di non secondaria rilevanza proprio all'interno della magistratura»;
l'imprenditrice afferma, nel corpus della lunga lettera inviata al Presidente di Confindustria Sicilia e per ampi stralci riportata dagli articoli di stampa, di avere subito minacce e pesanti pressioni per mantenere il silenzio sulla intera vicenda e di avere avuto, addirittura, notizia anticipata del trasferimento della inchiesta, aperta dalla procura della Repubblica di Trapani, alla procura della Repubblica di Roma;
la fuga di notizie (relative al trasferimento della inchiesta a Roma) ha ulteriormente aggravato lo stato d'animo della imprenditrice che con la lettera inviata a Confindustria ha chiesto l'intervento della associazione a sua tutela e protezione -:
se e quali iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, si intenda adot-tare rispetto alla vicenda esposta in premessa;
di quali elementi disponga il Governo in ordine alla situazione di esposizione dell'imprenditoria siciliana alle pressioni ed ai condizionamenti dei «poteri forti» e della criminalità organizzata, e quali conseguenti iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-14932)
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