Doc. IV-quater, n. 12





Onorevoli Colleghi!

1. Fatti e procedura. La Giunta riferisce su una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata da Francesco Caruso, deputato all'epoca dei fatti, il 6 novembre 2008, in relazione a un procedimento civile pendente presso il tribunale di Bologna.
La vicenda in titolo attiene ad alcune dichiarazioni rese da Francesco Caruso, apparse su vari lanci d'agenzia il 9 agosto 2007 e poi riprese da vari giornali il 10 agosto, a seguito di un episodio di morti sul lavoro avvenuto il giorno precedente. In particolare la frase oggetto di contestazione, come riportato nell'atto di citazione, era del seguente tenore letterale: «Angelo e Cristian ieri sono morti assassinati nei loro rispettivi cantieri di lavoro. I loro assassini sono Treu e Biagi, le cui leggi hanno armato le mani dei padroni, per permettere loro di precarizzare e sfruttare con maggior intensità la forza-lavoro e incrementare in tal modo i loro profitti, a discapito della qualità».
Per tali frasi, la famiglia Biagi, e in particolare la vedova - professoressa Marina Orlandi - ha citato in giudizio per danni (quantificati nella citazione in 200 mila euro) l'ex deputato Caruso, la cui domanda d'insindacabilità è stata esaminata dalla Giunta il 29 aprile 2009. Regolarmente invitato a comparire, Francesco Caruso non si è avvalso di tale facoltà.
Dopo un articolato dibattito, nella stessa seduta, la Giunta è pervenuta a deliberare.

2. Valutazioni e conclusioni. Durante l'esame è apparso evidente che l'argomento della precarietà e della sicurezza sul lavoro è ben radicato nel dibattito parlamentare ed è, purtroppo, di persistente attualità politica e legislativa. Basta a tale esempio ricordare la lettera, inviata dai familiari delle vittime del disastro della ThyssenKrupp di Torino al Presidente della Repubblica il 21 aprile 2009.
Francesco Caruso, nella legislatura che ha svolto alla Camera, ha fatto del tema della precarietà sul lavoro oggetto di molteplici atti parlamentari tipici: si ricordino in particolare gli ordini del giorno in Assemblea nn. 9/01922/003, 9/03194/186 e 9/03178/038, presentati rispettivamente il 5 dicembre 2006, il 21 e 29 novembre 2007; le interrogazioni a risposta scritta n. 4/02298 dei 24 gennaio 2007, n. 4/03017 del 21 marzo 2007, n. 4/03136 del 30 marzo 2007; l'interpellanza urgente n. 2/00503 del 3 maggio 2007.
Di questi atti - per vero - quello che più si approssima alla tematica oggetto della contesa è l'interrogazione a risposta scritta n. 3017, relativa alla tragica morte di Beniamino Parrella, operaio della provincia di Benevento. È rimasto dimostrato (come diversamente non poteva essere) che l'ascrizione a Marco Biagi e a Tiziano Treu delle morti sul lavoro non è contenuta in alcun atto parlamentare.
Durante l'esame presso la Giunta, nessuno ha inteso sminuire il problema dell'atroce e quotidiana sequenza dei morti sul lavoro e della strutturale e colpevole carenza dello Stato nel predisporre idonei controlli pubblici volti a far rispettare la normativa di sicurezza nei cantieri e negli altri luoghi di lavoro. Da questo punto di vista, lo stato di commozione e indignazione di Francesco Caruso è stato sostanzialmente condiviso da tutti.
La Giunta tuttavia si è trovata ad esaminare un diverso profilo, quello di stabilire se le frasi rivolte a Marco Biagi (assassinato dalle Brigate Rosse nel marzo del 2002) possano dirsi espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e dunque in sostanza identificarsi con i contenuti tipici dell'espletamento del mandato.
A questo quesito, la Giunta (a maggioranza) ha dato risposta negativa, sulla base di diverse considerazioni. Anzitutto, in base al documento approvato dalla Giunta per le autorizzazioni in data 14 gennaio 2009 sui Criteri generali di applicazione dell'insindacabilità parlamentare, le accuse a persone determinate non possono considerarsi «esercizio della funzione parlamentare» quando formulate in termini totalmente sconvenienti e prive dell'ancoraggio a dimostrazione fattuale alcuna.
In secondo luogo, la Corte costituzionale ritiene che l'articolo 68, primo comma, della Costituzione non stia a tutela del singolo parlamentare ma delle funzioni dell'Assemblea tutta, attraverso la garanzia assicurata agli atti del mandato di ciascun suo componente. Sicché, non è l'estemporanea dichiarazione alla stampa dei singoli deputati o senatori che può godere ipso facto della garanzia costituzionale, ma solo una manifestazione proceduralmente corretta o contenutisticamente analoga di atti parlamentari effettivamente svolti.
In terzo luogo, è ormai chiaro che la procedura di applicazione dell'insindacabilità parlamentare nella quale interviene in prima battuta la Camera d'appartenenza e poi la Corte costituzionale se adita, in via eventuale, con conflitto d'attribuzione dal giudice procedente è sospetta dal punto di vista dell'equità del processo. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, di per sé non è in violazione dell'articolo 6 della CEDU un passaggio parlamentare prima di quello propriamente giudiziario. Tuttavia, l'applicazione disinvolta della prerogativa a opera di un organo politico è chiaramente in contrasto con l'esigenza della terzietà del giudice e dell'effettività della tutela giurisdizionale offerta ai terzi lesi (1).
Dal punto di vista del diritto di critica, si potrebbe certo sostenere che il Caruso abbia usato un'iperbole, intesa come radicale critica alle posizioni politiche e di regolazione giuridica assunte dagli studiosi di diritto del lavoro quali Biagi, Treu e altri, ed è certamente una difesa che il nostro ex collega Caruso potrà svolgere nel processo di merito, avvalendosi della tutela offerta dall'articolo 21 della Costituzione. È ovvio peraltro che la richiesta risarcitoria così cospicua avanzata dalla famiglia Biagi rimarrà solo una richiesta finché il giudice non si pronunci. Probabilmente essa verrà ridimensionata in giudizio, tenuto conto che il giorno dopo (l'11 agosto 2007) i giornali pubblicarono le seguenti frasi di Caruso: «...in mezzo a questi disastri mi vien fuori una parola, secca e devastante: assassini, diretta ai responsabili di questo o quel disastro, ma null'altro che uno sfogo incontrollato ... non c'entrano Tiziano Treu e Marco Biagi, non foss'altro per il semplice e incontestabile dato che sia il cosiddetto pacchetto Treu che la legge 30 non esistono certo per responsabilità di chi ha tecnicamente contribuito a scriverle quanto piuttosto per la volontà di un intera classe politica e degli interessi forti che la sorreggono. Allo sfogo incontrollato segue il delirio, il delirio di una criminalizzazione che assimila il diritto di critica all'uccisione di Marco Biagi. Non voglio che persone che hanno subito tragici dolori in qualche modo possano sentirsi offese dalle mie parole, ancorché fraintese. Se ciò fosse accaduto non c'è bisogno di qualcuno che formuli scuse al posto mio, ma lo posso fare e lo faccio anche da solo». E ancora: «Treu e Biagi non c'entrano nulla come persone. Le loro leggi sono state usate ... mi dispiace e faccio le mie scuse a chi si è sentito offeso. A cominciare dai familiari di Biagi ... perché il professore bolognese è stato il primo a essere strumentalizzato: è diventato lo scudo umano per una riforma messa in piedi dal centrodestra che accusa di filoterrorismo chiunque la critica» (v. i quotidiani Manifesto e Mattino).
Da questo punto di vista, potrebbe non essere indifferente il fatto che la citazione sia stata presentata dalla sola famiglia Biagi e non anche da Tiziano Treu, ugualmente tirato nella vicenda, quale preteso autore di leggi dannose per la sicurezza dei lavoratori.
Tuttavia - giova ripetere - questi sono aspetti che verranno affrontati nel giudizio ordinario e non possono attenere alle valutazioni parlamentari. Del resto, meritoriamente, la Giunta stessa ha di recente denegato la copertura dell'insindacabilità ad altri ex-deputati (Iacobellis (2) e Sgarbi (3) nella XV legislatura, ancora Sgarbi in due occasioni nella legislatura in corso (4) e Matacena (5)) per atti e comportamenti non riconducibili alle funzioni parlamentari.
Per questi motivi la Giunta, a maggioranza, propone all'Assemblea di deliberare nel senso che i fatti ascritti a Francesco Caruso non concernono opinioni espresse nell'esercizio di funzioni parlamentari.

Maurizio TURCO, relatore

(1) Vale la pena al proposito rammentare che già una volta questa Camera ha affrontato un tema analogo: alla morte di Marco Biagi, Sergio Cofferati fu accusato di essere l'autore morale dell'omicidio. Chi si spinse a tanto fu citato in giudizio dall'allora leader della CGIL ma ottenne da questa Camera l'insindacabilità. Ebbene, quell'insindacabilità è stata poi censurata nientemeno che dalla Corte europea dei diritti dell'uomo come una violazione del diritto a un equo giudizio (sentenza della Seconda sezione, CGIL e Cofferati c. Italia, 24 febbraio 2009). La citata sentenza è peraltro conforme a bene cinque precedenti.
(2) Doc. IV-ter, n. 3-A.
(3) Doc. IV-quater, n. 13.
(4) Doc. IV-ter, n. 6-A e doc. IV-quater, n. 11.
(5) V. seduta della Giunta per le autorizzazioni del 2 dicembre 2008.


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