Doc. IV, n. 26-A-bis





Onorevoli Colleghi! - A nome dei deputati risultati in minoranza nella seduta della Giunta del 10 gennaio 2012, riferisco sulla domanda di custodia cautelare in carcere nei confronti del deputato Nicola Cosentino (v. l'ordinanza pubblicata negli atti parlamentari al Doc. IV, n. 26).
L'inchiesta nella quale è indagato il deputato Nicola Cosentino è l'ulteriore sviluppo della lunga (ormai ben più che decennale) attività investigativa che riguarda i clan camorristici di Casal di Principe in provincia di Caserta. Essa ha come premesse storiche e giudiziarie, peraltro ripetutamente citate anche nell'ordinanza custodiale per la parte concernente proprio l'onorevole Cosentino, precedenti indagini ed anche pronunzie giurisdizionali di condanna di numerosi soggetti che hanno capeggiato o diretto le organizzazioni camorristiche della zona o anche solo partecipato in varie modalità alle loro illecite attività. In particolare, il contesto di riferimento è la lotta tra il clan dei Bidognetti (ora in marcato declino) e quello degli Schiavone (il ramo vincente, diretto da Nicola, figlio di Francesco, detto Sandokan, anche se colpito numerose volte da efficaci iniziative di contrasto da parte della polizia giudiziaria e della magistratura). Peraltro, anche l'ulteriore ramo dei «casalesi», quello di Zagaria, ha subito uno scacco molto significativo, da ultimo, con l'arresto, proprio il 7 dicembre scorso, del medesimo Michele Zagaria.
L'attività dei clan casalesi si articola su un'ampia gamma di settori: dalla gestione del ciclo dei rifiuti alle estorsioni, all'edilizia, al riciclaggio ed al condizionamento delle amministrazioni locali.
L'assunto accusatorio è che tutta questa vasta e penetrante opera d'inquinamento e di condizionamento del tessuto sociale non possa che contare anche su significativi appoggi istituzionali. Ed infatti i principali protagonisti della nuova inchiesta - secondo l'autorità giudiziaria - sarebbero l'allora sindaco di Casal di Principe, Cipriano Cristiano, Nicola Di Caterino, funzionario del comune della medesima città, e poi i fratelli Corvino (due maschi e una femmina) ed i fratelli Ferraro, schierati su versanti opposti e in competizione per il controllo del comune di Casal di Principe, attraverso la sistematica ed illecita pressione sugli imprenditori della zona, nella spartizione delle occasioni di lavoro e nella ricerca, ovviamente illecita, del consenso elettorale attraverso il voto di scambio.
Il Di Caterino, il Cristiano e i Corvino sono, poi, tutti imparentati per avere Di Caterino sposato una sorella Corvino ed il Cristiano sposato una sorella Di Caterino.
Per completezza espositiva, ricorda che il 18 novembre scorso il comune di Casal di Principe è stato sciolto ed è stato nominato un commissario prefettizio.
Per quanto concerne le accuse, in questo panorama, secondo l'autorità giudiziaria, il deputato Cosentino - anche in qualità di coordinatore regionale del PDL - sarebbe il referente «nazionale» del gruppo degli Schiavone ed avrebbe partecipato, quale attivo «nume tutelare», ad operazioni inerenti ad un'iniziativa volta a favorire il medesimo gruppo degli Schiavone e dei Corvino, vale a dire la costruzione di un importante centro commerciale, che avrebbe poi assorbito lavoratori e lavoratrici della zona, i quali avrebbero successivamente retrocesso parte dei loro guadagni ai Corvino medesimi e promesso i loro voti.
L'edificazione del centro commerciale avrebbe dovuto avere vari presupposti: 1) un finanziamento della banca UNICREDIT; 2) la verifica della compatibilità con gli strumenti urbanistici; 3) la disponibilità degli imprenditori coinvolti a riciclare o reimpiegare risorse di illecita provenienza. Di qui i tre capi d'accusa, mossi a titolo di concorso specificamente all'onorevole Cosentino, vale a dire gli abusi e le falsità in atti pubblici punite dal codice penale, il falso interno bancario di cui all'articolo 137 del testo unico sul credito ed il reimpiego (consumato e od o tentato) di capitali illeciti di cui all'articolo 648-ter del codice penale.
Più in particolare, necessitando il progetto di costruzione di licenze edilizie e attestati di conformità agli strumenti urbanistici in vigore (il piano attuativo ed il piano di lottizzazione convenzionata), l'Ufficio tecnico comunale di Casal di Principe doveva rilasciare una serie di atti che sarebbero stati tutti rilasciati in modo illecito attraverso falsi. A queste falsità avrebbero partecipato tra gli altri Vincenzo Schiavone e Mario Cacciapuoti, l'uno funzionario dell'UTC di ruolo e l'altro dirigente a contratto, nominato dalla gestione commissariale del comune, nel frattempo sciolto per mafia nel 2006 (il comune di Casal di Principe è stato invero sciolto per mafia più volte). L'onorevole Cosentino, in particolare, nel 2007 si sarebbe adoperato affinché il Cacciapuoti fosse riconfermato nel ruolo, alla fine del commissariamento, e terminasse il suo «compito».
Inoltre, sempre secondo l'ipotesi accusatoria, l'onorevole Cosentino avrebbe partecipato alle pressioni poste in essere verso i funzionari dell'UNICREDIT di Casal di Principe affinché costoro omettessero di segnalare alla direzione di Roma del medesimo istituto di credito le difficoltà oggettive dell'operazione per cui veniva chiesto il finanziamento, in primo luogo le precarie condizioni economiche della VIAN srl, amministrata formalmente da tale Caterina Corvino, ma in realtà da Nicola Di Caterino, uomo legato al sindaco Cipriano Cristiano e, nella prospettazione accusatoria, all'onorevole Cosentino.
In terzo luogo - ed in conclusione - il deputato Cosentino sarebbe anche concorrente, quanto meno a livello di tentativo, dell'operazione del reimpiego di capitali di provenienza illecita, che sarebbero stati reinvestiti nell'edificando centro commerciale. Nella mattinata del 6 dicembre 2011 sono stati tratti in arresto i fratelli Ferraro, tutti i fratelli Corvino, il Di Caterino, il Cipriano Cristiano ed il Cacciapuoti (oltre a numerose altre persone). L'arresto dell'onorevole Cosentino è stato ovviamente sospeso in attesa della pronunzia della Camera.
Quanto alle fonti di prova, occorre evidenziare che l'esistenza delle varie associazioni camorristiche gravitanti su Casal di Principe è dedotta da varie sentenze passate in giudicato (v. pag. 40 e 41 dello stampato). I fatti specifici della presente inchiesta sono riferiti da vari collaboratori di giustizia: Raffaele Piccolo, Roberto Vargas, Raffaele Giangrande, Salvatore Caterino e alcuni altri.
Sul ruolo dell'onorevole Cosentino, in particolare, vengono riproposte le dichiarazioni di Gaetano Vassallo e di Francesco Bidognetti, le cui indicazioni furono già poste a base della richiesta di custodia cautelare del 2009 (v. pp. 86 e 102 dello stampato). In secondo luogo, vengono addotti alcuni passaggi delle deposizioni di Luigi Diana del 16 aprile 2011 (v. pag. 110 e 596 dello stampato) e di Francesco Della Corte del 28 febbraio 2011 (v. pag. 595 dello stampato). In terzo luogo, viene riportata un'intercettazione ambientale del 17 luglio 2006 tra Cacciapuoti, Di Caterino, Lubello e Cristiano (pag. 620). Ancora: viene ricordata un'intercettazione telefonica tra Di Caterino e Cristiano del 29 marzo 2007 (pag. 627) e viene focalizzata una visita dell'onorevole Cosentino, in uno al deputato Luigi Cesaro, ai funzionari dell'UNICREDIT (pagg. 672 e 702). Sempre in ordine agli elementi indiziari, viene utilizzata una intercettazione tra l'onorevole Cosentino e Di Caterino (pag. 717), vengono ricordate altre intercettazioni ed ulteriori riferimenti alle pagg. 726-727. Da ultimo, viene valorizzata la deposizione di Roberto Vargas che sostiene (pag. 947) che l'onorevole Cosentino fosse il politico «che comandava a Casal di Principe», tanto è vero che l'elezione a sindaco di Cipriano Cristiano avvenne per concorde concorso delle famiglie camorristiche Schiavone e Russo e dello stesso onorevole Cosentino e vengono riferite le dichiarazioni del pentito Francesco Cantone (pag. 1004). La declinazione compiuta del ruolo del deputato Cosentino si rinviene a pag. 818 dello stampato, laddove - secondo l'impianto accusatorio - si individua nell'onorevole Cosentino il consapevole protagonista di tutta la vicenda. Egli infatti - secondo l'accusa - sarebbe il «referente politico nazionale» dei politici casalesi, a loro volta pesantemente invischiati nei rapporti con il clan degli Schiavone (con cui, peraltro, anche lo stesso Cosentino sarebbe imparentato, attraverso il fratello e un cugino primo).
Egli, inoltre, sarebbe intervenuto concretamente nella specifica vicenda in discussione con l'accesso alla sede UNICREDIT. Si noti peraltro che allorquando un politico decida di perorare una qualsivoglia richiesta, non è tenuto a verificarne i presupposti tecnici e giuridici, tanto più che nel caso specifico il finanziamento non fu poi concesso.
Quanto alle esigenze cautelari, esse sono molto sinteticamente individuate dal GIP e illustrate in sole sei righe dello stampato a fronte delle 1167 pagine in cui si articola l'ordinanza custodiale. Esse sono presuntivamente indicate, ai sensi degli articoli 51, comma 3-bis, e 275, comma 3, del codice di procedura penale, anche in ragione della pericolosità sociale e dunque del pericolo di reiterazione del reato.
Per quanto attiene al profilo dell'esistenza del fumus persecutionis, sono ben 1167 le pagine delle quali si compone il provvedimento contenente la misura cautelare: l'entità non è usuale e priva di significato. Ma la pressoché integrale totalità delle stesse fa riferimento a persone ed aspetti estranei alla posizione dell'onorevole Cosentino, rispetto al quale viene pedissequamente ripetuto un quadro accusatorio che già aveva portato alla richiesta della misura cautelare della custodia in carcere nel 2009 (tanto che spesso viene valorizzato il cosiddetto «giudicato cautelare»), posto che la Suprema Corte, pur invocata dall'interessato, non ebbe ad annullare la misura cautelare; in proposito, il procedimento penale in questione è ancora in corso e l'onorevole Cosentino ha chiesto che si proceda mediante il giudizio immediato.
Inoltre, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - formulate in termini assai generici - vengono elevate al rango di prove certe ed inequivoche, perfino sostanzialmente decisive, sottovalutando l'estrema genericità delle stesse ed il rifugio dei collaboratori medesimi in comprensibili luoghi comuni.
Ancora: sono utilizzate alcune intercettazioni dirette (peraltro di contenuto accusatorio infimo per non dire nullo) dell'utenza dello stesso onorevole Cosentino (soggetta alle guarentigie dell'articolo 68 Cost. ed in spregio alle stesse) (pagg. 624, 715, 716, 717 e 718).
Nella richiesta di arresto non viene considerato che non vi sono contatti diretti dell'onorevole Cosentino con le varie persone interessate alla specifica operazione immobiliare e commerciale in questione, salvo enfatizzare l'intervento presso i vertici UNICREDIT - peraltro durato pochissimi minuti - perfettamente giustificabile da parte di un parlamentare di fronte alla prospettiva dell'apertura di un centro commerciale nella zona di propria attività politica con conseguenti posti di lavoro ed aumento della competitività commerciale del territorio. Del resto, si dà per scontato il fatto che l'onorevole Cosentino dovesse avere percezione diretta e significativa delle (insufficienti) condizioni economiche del soggetto che attivava l'iniziativa commerciale in questione, VIAN s.r.l., senza che esista un solo elemento di obiettivo riscontro di tale percezione.
Non esiste una sola prova oggettiva della partecipazione diretta dell'onorevole Cosentino all'iniziativa commerciale in questione, mentre indizi di contenuto eminentemente generico vengono elevati al rango di prove inequivoche, tali da giustificare il provvedimento custodiale verso un parlamentare della Repubblica. Più in particolare, certamente l'inchiesta ha portato alla luce indiscutibili comportamenti illeciti e responsabilità personali per fatti delittuosi. Non di meno, quello che pare mancare è la certa trasposizione del ruolo individuale dell'onorevole Cosentino nel contesto criminoso descritto. Sotto questo profilo, le dichiarazioni testimoniali raccolte dagli inquirenti si limitano al luogo comune per cui egli sarebbe il «politico di riferimento» di quel territorio. Si sottolinea, inoltre, come nella richiesta di custodia cautelare non vi sia alcun cenno alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dai coindagati Cristoforo Zara, Nicola Di Caterino e Alfredo Protino, che invece avrebbero dovuto trovare un adeguato riscontro. In particolare, si ritiene che dovevano essere approfondite le dichiarazioni del Protino circa l'incontro avvenuto nella sede di UNICREDIT. La partecipazione dell'onorevole Cosentino in tale sede, infatti, sarebbe stata, secondo gli inquirenti, indispensabile ai fini del rilascio del finanziamento. Sicché la versione del Protino su tale incontro - che scagiona completamente il deputato Cosentino - assume un rilievo centrale; senza contare che i magistrati su tale circostanza non hanno nemmeno sentito l'onorevole Cesaro. Si ritiene, infine, che nell'ordinanza di custodia cautelare non sia stato dato adeguato rilievo alle deposizioni dello Zara, il quale ha dichiarato che il succitato incontro è stato organizzato esclusivamente per ragioni elettorali promosse dal Santocchio, che aveva interesse ad arrivare a Cosentino per accreditarsi sul piano politico. Anche le dichiarazioni di Di Caterino smentiscono totalmente il preteso ruolo chiave svolto dall'onorevole Cosentino nella vicenda legata alla realizzazione del centro commerciale.
Inoltre, non viene indicata una sola esigenza cautelare specifica per l'esecuzione della così grave misura cautelare richiesta, che viene perciò prospettata solo in modo presuntivo, ferma la rilevante distanza di tempo dai fatti e l'impossibile ripetitività della condotta.
Da ultimo, la corposa ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'onorevole Cosentino poggia, di fatto, su materiale investigativo già ampiamente noto e posto a base della precedente richiesta di arresto che lo ha riguardato nel 2009 e su cui la Camera si è già pronunciata nel senso del diniego. Esiste pertanto la prova certa del fumus persecutionis considerato che all'attuale richiesta vengono aggiunti esclusivamente come nuovi fatti che gli stessi magistrati ritengono legittimi ma che acquisirebbero rilevanza penale solo nell'ambito di un quadro logico delineato dalla procura. Pertanto, la nuova richiesta non appare dal punto di vista giuridico giustificabile se non in relazione ad una valutazione politica tutta propria fatta dalla procura rispetto al mutato scenario politico-parlamentare. Se così è, è evidente che l'intento persecutorio è certificato dalle stesse carte presentate alla Camera.
Infine, non possono essere pretermessi gli ampi chiarimenti offerti dal collega Cosentino nelle sue memorie e nella lunga e precisa audizione. A ciò si aggiunga che il dibattito in Giunta è stato quanto mai anomalo, se si considera che alcuni membri della Giunta stessa, che nel 2009 avevano riscontrato nelle accuse effettuate il fumus persecutionis, con un quadro sostanzialmente inalterato hanno modificato la propria posizione pur ribadendo la correttezza di quella assunta nel 2009.
Ciò esposto, propongo che non venga autorizzata l'esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'onorevole Nicola Cosentino.

Jole SANTELLI,
relatrice di minoranza

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